Incubo svanito nel nulla, come era stato quello della Sars.
Martedì 28 luglio l’agenzia di stampa daeanita, Yonhap, citando fonti del governo, ha dato il lieto annuncio: l’epidemia di Mers (sindrome respiratoria mediorientale da coronavirus) è cessata.
20 maggio-28 luglio: poco più di due mesi di calvario per un popolo trovatosi improvvisamente a riempire, con la sua “peste dei beduini”, quel vuoto di notizie lasciato dall’ebola in Africa, dato il momentaneo stato di “bonaccia” del virus. A occhio e croce si può già dire che l’estate 2015, per grandi linee, non sarà come quella dell’anno precedente; allora l’esplosione (meglio dire la riesplosione) dell’ebola, accoppiata a quella dell’Isis, fecero del luglio e dell’agosto 2014 mesi ancor più roventi di quanto non fossero già meteorologicamente. Un anno dopo è scoppiata la pax epidemiologica: l’ebola è andato pressoché in letargo, e persino il morbo che si pensava potesse esserne l’erede nelle cronache è stato risucchiato da quel buco nero da cui era uscito (anche la struttura centrale dell’Isis, in realtà, non se la passa troppo bene: a tenerne alto il nome sono le milizie e i gruppi affiliati).
Il periodo più drammatico per i sudcoreani è stato certamente quello tra la fine di maggio e i primi di giugno, quando si dovette contrastare la fase di maggiore estensione del contagio. Fu allora che diciassettemila persone furono messe in quarantena, e a centinaia di scuole vennero apposti i sigilli. Una somma pari a quindici milioni di euro venne stanziata urgentemente per mettere in atto un piano di emergenza. Tutto questo, però, non impedì che trentasei persone ai quattro angoli del Paese morissero proprio a causa del coronavirus; e che al premier Hwang Kyo-ahn e ai suoi ministri venisse imputato di non aver fatto abbastanza per impedirlo.
Casi di contagio, in realtà, non se ne registravano più già dal 4 luglio: tuttavia con grande prudenza il governo ha preferito mantenere riservata la notizia per qualche altra settimana, cioè per il tempo necessario a far sì che le autorità sanitarie del Paese ultimassero tutte le verifiche del caso. Infatti è solo “Dopo aver valutato diverse circostanze” – così esordisce Kyo-ahn nel comunicato ufficiale ripreso da Yonhap – che “il personale medico e il governo sono arrivati al punto da ritenere le persone libere da ogni preoccupazione”.