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Slovenia-Croazia, accordo su Krško

Intesa ventennale

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2023: era questa la data stabilita per la cessazione delle attività produttive della centrale nucleare di Krško, in Slovenia.

E alla chiusura sarebbe seguita, inesorabilmente, la demolizione. Ma grazie ad un accordo raggiunto martedì 21 luglio dal governo di Lubiana e da quello di Zagabria (è bene ricordare che la centrale è una joint venture, cioè in sostanza un progetto collaborativo, tra i due Paesi, ed è gestito congiuntamente da essi), lo stabilimento potrà proseguire “i lavori” senza paura fino al 2043: gli sono stati aggiunti, in pratica, altri venti anni esatti di vita, a partire dalla scadenza che sarebbe giunta a compimento fra otto anni.

E questo a dispetto di ambientalisti, anti-nuclearisti e militanti dei Verdi, che avevano intrapreso una fiera battaglia per la chiusura dell’impianto da quando, nel 2008, esso fu teatro di un incidente, peraltro privo di conseguenze.

Il prolungamento è stato deciso e sottoscritto “valutando in primis la sicurezza operativa e i risultati economici della centrale”, come ha dichiarato il ministro per le Infrastrutture sloveno, Peter Gaspersic.

L’impianto di Krško è stato connesso alla rete elettrica all’inizio di ottobre del 1981, ma è entrato in piena ed effettiva operatività il 15 gennaio 1983. Fornisce più di un quarto della elettricità slovena e un quinto di quella croata. L’incidente che ha scatenato le proteste ambientaliste degli ultimi anni avvenne il 4 giugno del 2008, a tre anni di distanza da un altro episodio che aveva destato preoccupazioni, l’arresto forzato di un reattore per problemi ad una ventola.

Fu un’improvvisa perdita nel sistema di refrigerazione primario del reattore a rinnovare le inquietudini, e su più larga scala: si fece scattare un allarme internazionale, e furono attivate le procedure per lo spegnimento di emergenza della centrale. Poi però, , contrariamente a quanto si temeva, non vi fu alcuna perdita radioattiva nell’ambiente e l'incidente finì con l’essere classificato a livello 0 (deviazione non significativa per la sicurezza) nella scala INES dell'IAEA.

La catastrofe, insomma, era stata ampiamente superata dal panico, come se ci si fosse trovati a Chernobyl o in uno scenario anticipatore di Fukushima: e i nemici dell’energia atomica scesero in piazza, come non era successo a Chernobyl e come non sarebbe successo a Fukushima.

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