La trasgressione alle rigide regole dell’Islam può anche non passare necessariamente da gesti eclatanti.
Niente marce di liberazione dal chador, niente scontri voluti e cercati con le forze dell’ordine, niente posizioni eretiche o sovversive propagandate in modo provocatorio e polemico sul web.
Per porsi contro le regole, nel mondo musulmano, basta anche una infrazione, marginale, al Ramadan. Magari neppure voluta. Ė quello che è successo in Marocco a quattro giovani sotto i diciotto anni, colpevoli di essersi concessi una conviviale bevuta tra amici in un giorno dell’inizio della scorsa settimana, durante le ore mattutine. Dannoso alcol per la salute e per l’anima? No, innocuo succo di frutta.
Ma non per le rigide norme che regolano la condotta di vita del fedele maomettano durante la stagione del grande digiuno: niente cibo, niente bevande (di nessun tipo), niente fumo, niente sesso dall’alba al tramonto. La pena per i trasgressori può arrivare anche ad un massimo di sei mesi di carcere.
E l’en plein della condanna detentiva stavano per sfiorarlo, quei poveri quattro ragazzi: il giudice che ha dovuto decidere sul loro caso, infatti, all’inizio aveva sentenziato quattro mesi di carcere, poi però, ha deciso di sospendere la pena. Omar Arbib, esponente dell’Associazione marocchina dei diritti umani, ha parlato di “verdetto coraggioso”, anche se avrebbe preferito una “assoluzione completa” del quartetto di imputati aooena maggiorenni (anche in Marocco, come in Italia, la maggiore età si acquisisce al compimento del diciottesimo anno di vita).