Missili che uccidono i civili e missili che uccidono i militari.
Succede in Yemen: la mano che li dirige è sempre la stessa, quella dei ribelli Houthi, naturalmente. Dietro i quali si continua a sospettare possa esserci l’Iran.
Ad Aden, in un bombardamento con razzi Katyusha condotto sul distretto di Al-Mansour, che si trova sotto il controllo delle forze governative, quelle fedeli al presidente Hadi per intenderci, si contano venti civili morti (per le prime agenzie erano diciassette) e una quarantina di feriti, sempre in mezzo alla popolazione. In tutto, dicono le fonti, sul quartiere di Al-Mansour sono stati sparati qualcosa come quindici missili, alle prime luci dell’alba.
Al confine tra Arabia Saudita e Yemen, poi, un soldato dell’esercito wahabita ha finito per essere vittima di un attacco missilistico di “sconfinamento” degli Houthi. Il militare è morto nell’esplosione della postazione dov’era in servizio, centrata in pieno dal razzo partito dal territorio yemenita.
Per il bombardamento di Aden le fonti sono i servizi di Al Jazeera; dell’attacco frontaliero invece parlano fonti militari di Riad, citate dall’agenzia Ap (Associated Press).
L’altra faccia della medaglia in uno scenario bellico è sempre l’emergenza umanitaria. Le Nazioni Unite hanno recentemente denunciato che, dopo sei mesi di conflitto (la guerra civile tra partigiani Houthi di Saleh e quelli di Hadi, in cui da marzo è intervenuta una coalizione a guida saudita), quasi un'intera nazione si è ridotta a mendicare: l’80% della popolazione yemenita, infatti, al momento si trova ad avere risorse molto al di sotto della soglia di sopravvivenza. E all’orizzonte si profila un pericolo antico ma sempre attuale, la carestia.