Tredici. Numero dal potere tradizionalmente sinistro.
E il suo potere ha colpito anche Dilma Rousseff, presidentessa del Brasile giunta da qualche mese al suo secondo mandato. Tredici sono infatti le irregolarità relative al bilancio di governo del 2014 che, mercoledì 17 giugno, sono state accertate dalla Corte dei Conti brasiliana, e delle quali la Rousseff dovrà rendere al più presto conto.
Secondo i magistrati del Tribunal de Contas de União, le criticità della “pedalada” (il nome oltremodo evocativo con cui i brasiliani indicano il bilancio di uno Stato) finite nel loro mirino sarebbero attribuibili alla regenta in persona. Dopo una votazione in cui gli otto membri costituenti il collegio dei ministri della Corte hanno trovato un’assoluta unanimità, João Augusto Ribeiro Nardes, che è appunto uno dei giudici-ministri, si è incaricato di inoltrare formalmente la richiesta di chiarimenti alla Rousseff, che, assistita dai suoi legali, avrà ora un mese di tempo per “collaborare”.
Se non riuscirà ad essere chiara e convincente, la Corte non potrà fare altro che inviare i bilanci al Congresso, creando così il terreno giusto per l’avvio di una procedura di impeachment.
Ed ecco, per grandi aree, i “peccati finanziari” attribuiti alla Rousseff, la Iron lady brasiliana (in mezzo a tanti uomini di coccio, come la stessa Rousseff ama dire):
- omissioni di debiti contratti dallo Stato col Banco del Brasile e altri istituti finanziari;
- anticipi bancari poco trasparenti per iniziative governative altri programmi sostenuti dallo Stato;
- mancato rientro dei costi sostenuti per le massicce campagne di investimenti.