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Fukushima, ancora perdite radioattive

Superati i livelli di guardia

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Come una falla che non si riesce a calafatare. Mai perdere  d’occhio Fukushima.

Non fai in tempo a volgerti alle coste del Canada, per vedere quanto le radiazioni abbiano viaggiato attraverso l’Oceano Pacifico, che devi subito tornare indietro con lo sguardo; per constatare come lì dove è tutto iniziato, la prefettura nell’isola giapponese di Honshū, l’emergenza è tutt’altro che finita: la centrale termonucleare, quello che ne resta, è come il relitto di un galeone, dentro la cui carcassa sconquassata c’è ancora un carico di sorprese che però non si vorrebbe far tornare in luce.

Il 2 maggio l’Asahi Shinbun, uno dei principali quotidiani nipponici, con ha sede a Osaka, ha avvertito: circa quaranta millilitri di acqua radioattiva sono fuoriusciti da uno dei serbatoi dell’impianto, irrimediabilmente provato  dal terremoto-maremoto dell’11 marzo 2011.

A scoprirlo è stato un operaio della Tepco, la compagnia elettrica che ha in gestione l’impianto. Chi ha continuato a seguire il caso Fukushima anche dopo il clamore-orrore dei mesi immediatamente successivi alla catastrofe, sa bene che la Tepco non è nuova a questo tipo di allarmi: in realtà è dal 2012 che, in modo intermittente, ridesta l’interesse internazionale sulla Chernobyl del Sol Levante con notizie di questo genere: stavolta, però, c’è una nota di gravità in più, perché la quantità di liquido contaminato rinvenuta, sulla base delle prime analisi, evidenzia un indice radioattivo di settanta millisievert all’ora. Il millisievert  Ã¨ un sottomultiplo del sievert, unità di misura che calcola la dose di sostanza radioattiva assorbita. Siamo dunque assai al di sopra del limite raccomandato, che si stima in 0,11.

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