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Egitto, venti anni di carcere per Morsi

Rischiava la morte

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Ė la prima sentenza vera a suo carico. Quindi può essere appellabile, e quindi ribaltabile.

Ma, allo stato attuale delle cose, si può dire che è già riuscito a migliorare enormemente una prospettiva che non lasciava sbocchi: per Mohamed Morsi, l’ex capo dello Stato egiziano, si era parlato infatti della possibilità di una condanna a morte, sul capo gli è invece piovuto un ventennio di galera. Si tratta, lo ribadiamo, del primo atto del processo che lo vede imputato per la morte di alcuni manifestanti durante i moti di piazza scoppiati nel Paese durante l’estate del 2012.

La rivolta era divampata dopo che Morsi aveva deciso di sostituire nella carica di ministro della Difesa il mushīr (feldmaresciallo) Tantawi, già presidente provvisorio della Repubblica e personalità assai popolare, col generale Al-Sisi (una mossa suicida, a giudicare da come poi sarebbero andate le cose); ma i cittadini protestavano anche contro l’intenzione presidenziale  di introdurre nella Costituzione egiziana elementi mutuati dalla Shari’a, la legge islamica.    

Al momento Morsi, che nel luglio del 2013, a poco più di un anno dalla sua elezione, è stato deposto da un golpe militare, si trova agli arresti domiciliari con l’imputazione di istigazione alla violenza e spionaggio. Il processo per tali capi di accusa, fissato all’inizio per il 4 novembre del 2013, ad oggi risulta sospeso. Un altro procedimento giudiziario, che lo vede sotto i riflettori per essere evaso, nel 2011, dal carcere in cui era detenuto, in quanto elemento sgradito al governo di Mubarak, si è interrotto alla seconda udienza. Morsi lo ha definito “un processo nullo e incostituzionale”.  Ad aiutarlo a fuggire di prigione sarebbero stati i Fratelli Musulmani, tra i quali militava, a loro volta aiutati da  Hamas.

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