Ha un momento di grande, grandissima, devastante espansione; poi scompare, mai del tutto, poi ricompare, gradatamente, in attesa di fare nuovamente il botto.
Se fosse un indovinello (ma non lo è) vi diremmo senza esitazione che la risposta non è il virus dell’influenza, che proprio in questo periodo, col cambio della guardia da una stagione all’altra, sta vivendo la rituale parabola discendente, e si prepara a dare appuntamento alla prossima campagna di vaccinazioni autunnale,
Sempre di virus si tratta, ma la sua incidenza epidemica è molto più trasversale nella ruota delle stagioni; per l’ebola (parliamo proprio di lui, grande protagonista nella seconda metà del 2014 e nelle prime settimane del nuovo anno), in fondo sembra non esistere differenza tra mesi freddi e mesi caldi. Quando molti virus vanno in letargo, può essere grande mattatore sulla scena delle emergenze sanitarie; allo stesso modo, può “andare in vacanza” per non condividere il palcoscenico con altre malattie. In effetti era dalla vicenda Cafferkey (inizio gennaio 2015) che sull’ebola era calato il sipario mediatico: ma questo, naturalmente, non equivaleva a poter affermare che il flagello fosse sparito del tutto. Le ultime notizie provenienti dalla Liberia lo confermano: dopo ventisette giorni di tregua, e a quindici dal felice esito del decorso ospedaliero dell’ultimo caso clinico accertato, rappresentato da Beatrice Yardolo, si torna a parlare di persone contagiate dalla “peste del golfo di Guinea”.
Nello specifico si tratta ancora di una donna, come dichiarato dal portavoce del governo di Monrovia, Lewis Brown. Una cittadina della capitale, proprio come la Yardolo. Secondo la Bbc (http://www.bbc.com/news/world-africa-31991748), la cosa che più spaventa i medici è che non si riesce a capire come la nuova paziente abbia contratto il morbo.
La risposta cinicamente occidentale a questo quesito potrebbe essere che in Liberia, così come negli altri due paesi del “triangolo maledetto”, l’ebola è nell’aria, si respira ogni giorno anche se non si vede, un po’ come le migliaia di allergeni nell’ormai incombente primavera. Già, la primavera: chissà quanti abitanti di Guinea, Liberia e Sierra Leone pagherebbero per potersela cavare con qualche starnuto e qualche occhio arrossato. E, al massimo, un po’ di disturbi respiratori notturni.