Il Pakistan, stato già conosciuto per la violazione reiterata dei diritti umani e animali, torna a far parlare di sé per una nuova iniziativa messa in atto, dopo la reintroduzione della pena di morte per terrorismo nel dicembre scorso.
I cani randagi in Pakistan rappresentano fonte di problemi da sempre: sono considerati portatori e responsabili del dilagare della rabbia, spesso a causa del loro ritorno alla natura selvaggia che poi li porta ad attaccare le persone, in un paese dove la malattia può risultare mortale nella maggior parte dei casi. A causa del loro ingente numero, in realtà mai quantificato ufficialmente dalle amministrazioni locali, recano intralcio al caotico traffico pachistano, già caratterizzato da incidenti mortali giornalieri, una popolazione randagia che si ingrossa ogni giorno a causa di mancate politiche tese alla sterilizzazione e alle gare di combattimenti tra cani, dove poi i malconci sopravvissuti vengono abbandonati in strada. Tutte problematiche che l'amministrazione localedi Karachi ha deciso di affrontare con una campagna di massa per l'abbattimento degli animali, attuata già da tre anni con esche avvelenate e armi da fuoco. Durante l'ultimo “raid” avvenuto nella giornata di ieri decine di cani senza vita sono stati stesi per le vie cittadine e lasciati al sole per molte ore, fino a che le carcasse non sono state rimosse dagli operai comunali e stivate in un camion, per essere avviate allo smaltimento, di cui non sono state fornite notizie in merito alle modalità. La triste vicenda purtroppo ricorda troppo da vicino cosa accadde lo scorso anno a Sochi in Russia per la preparazione dei Giochi Invernali, e a Kiev in Ucraina tre anni fa per i campionati europei di calcio: società private che “ripuliscono” le città dai randagi con veleno, sparandogli o a bastonate.
Una mattanza triste e promossa per “mettere al riparo la popolazione da questi animali, in special modo i bambini”, come hanno sempre affermato i responsabili della “pulizia”, dalla Russia come in Pakistan.