Assomiglia vagamente a Chazz Palminteri, l’attore hollywoodiano di origine siciliana. Ma, a parte questo, Alexis Tsipras non avrebbe niente a che spartire con Stati Uniti e civiltà neocapitalista: lui, il quarantenne politico-ingegnere greco, da sette anni leader di Syriza (la Coalizione dei partiti della sinistra radicale greca diventata partito unico nel 2012), è cresciuto all’ombra del Partenone avendo nel cuore la falce e il martello. E la sua formazione politica, in pratica, l’ha compiuta nella sinistra più radicale, tra le file dei no global. Tutto questo, però, senza mai perdere il suo stile borghese, da uptown boy.
A dir la verità, neppure l’Unione Europea (Germania in testa) fa salti di gioia davanti al nome di Tsipras: all’annuncio che i primi exit poll delle politiche greche di ieri, 25 gennaio, davano in vantaggio (netto vantaggio) Tsipras e i suoi, la prima reazione della Bce è stata: “La Grecia rispetti comunque i suoi impegni finanziari, quelli che a suo tempo aveva sottoscritto Samaras”. Antonis Samaras, il leader della destra greca, che non per niente era l’uomo su cui puntava Berlino. Eppure tutto si può dire, tranne che quello greco non fosse un ciclone annunciato: di esso inequivocabili avvisaglie si erano già avute in occasione delle Europee del maggio dello scorso anno, quando Syriza era “schizzata” al 26%, staccando di quattro punti Nea Dimokratia (cioè il partito di Samaras). La prevista conferma di questo trend si è effettivamente verificata: stando, appunto, alle proiezioni seguite nella serata del 25 ai primi exit poll – le operazioni di voto in Grecia sono iniziate alle 7.00 di domenica e si sono concluse alle 19.00 – Syriza è il primo partito del Paese di Pericle, Socrate e Lisippo con oltre il 35% delle preferenze. Al secondo posto i conservatori neodemocratici col 27%. Terza forza la destra radicale di Alba Dorata, a cui va il 6% dei voti di tutto il popolo greco. Al contrario di quanto lasciavano troppo entusiasticamente prevedere le prime rilevazioni dei risultati elettorali, il partito di Tsipras non ha ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi (in effetti l’ha mancata per un soffio, due soli seggi), quindi non potrà farsi un governo tutto da solo, ma dovrà cercarsi l’alleanza dei “quarti in classifica”, e cioè i moderati di sinistra di To Potami (“Il fiume”). Questo però non impedirà al nuovo premier di lanciare la sua battaglia contro l’austerity imposta da Berlino, in nome di una fede profonda in ricette politiche alternative, basate sulla solidarietà sociale. Sì al rispetto degli obiettivi fiscali stabiliti dai trattati europei, ma no ai mezzi per raggiungerli concordati dal precedente governo con la troika (Bce-Ue-Fmi, ndr). “Oggi – ha detto Tsipras subito dopo essere uscito dalla cabina elettorale – i greci sono chiamati a decidere se domani la troika dovrà tornare in Grecia per continuare a imporre ciò che ha imposto sotto Samaras, e cioè il taglio di pensioni e stipendi”. Il leader ha inoltre affermato che non vede l’ora di avere anche il premier italiano Renzi al suo fianco nella crociata contro la linea “affamatrice” della Ue: “La nostra sintonia è naturale. Va cambiato verso all’Europa, perché l’austerità sta strangolando tutti”. Di certo, però, quella volpe della Merkel non si illude che con Tsipras potrà passeggiare così amabilmente sull’Acropoli come ha fatto con Renzi davanti a Palazzo Vecchio e all’interno di esso.