Chissà se davvero, in vicolo dei Serpenti, la strada del rione Monti in Roma dove da sempre Napolitano abita, commercianti e amici la organizzeranno, la festa di bentornato per l’ormai ex presidente della Repubblica. Certo è che, festa o no, Napolitano, lasciato il Quirinale il 14 gennaio con una commozione appena accennata (il suo proverbiale aplomb neppure alla soglia dei novant’anni gli consente sentimentalismi troppo facili), non vede l’ora di rituffarsi nell’attività politica, in quel Senato in cui è di casa forse ancor più che a casa (ne è membro, vita natural durante, dal 2005, per designazione di Ciampi). Fedele al suo stile di vita non ha perso tempo, il vecchio leone del PCI migliorista: alle ore 10.30 del 15 gennaio aveva già “timbrato il cartellino” a Palazzo Giustiniani, e, dopo un rapido saluto con la presidente dell’Assemblea, Valeria Fedeli, si era recato senza frapporre ulteriore indugio nel suo ufficio, al quarto piano. “Vedremo se sarò in grado di dare immediatamente il mio voto”: ma c’è da scommettere che vorrebbe farlo. Alle viste c’è il voto sulla legge elettorale.
All’ex capo dello Stato, intanto, continuano ad arrivare riconoscimenti da parte dei principali leader mondiali. Dopo il Papa, la Merkel e Hollande, il 15 gennaio è stata la volta di Barack Obama. Il presidente Usa, in una nota che è stata diffusa dal dipartimento di Stato, definisce “illustre” la sua leadership e mette l’accento “sul grande contributo dato da lui al benessere politico ed economico del suo Paese, contributo che non ha mancato di riflettersi anche sull’Europa e la comunità transatlantica”.