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Obama, giro di vite su emissioni inquinanti

NYT: severissime norme antismog

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Obama non ci sta. Non ci sta all’idea che la sua amministrazione possa avere anelli deboli (la gestione poco energica della guerra contro l’Isis è costata il posto al capo del Pentagono, Hagel). Soprattutto non ci sta a fare l’anatra zoppa, a dispetto dei nuovi equilibri al Congresso che lo condannano a questo nuovo, scomodissimo ruolo per i prossimi due anni. Più è solo davanti al Congresso, più sembra rispolverare un piglio decisionista che tanti trionfi annunciati e tanta apertura di credito preventiva avevano forse un po’ annacquato. E, nonostante da più parti già suonino le campane a morto per l’Obama age, il primo inquilino nero della Casa Bianca è deciso a vender cara la pelle pur di rendere significativa la sua era, fino all’ultimo: anche a costo di andare al muro contro muro, e di procedere, come si direbbe in Italia, a forza di decreti-legge. 
E, dopo quella sull’immigrazione, il 26 novembre il presidente annuncia di essere pronto a portare in porto, in tempi strettissimi, un’ altra riforma che gli sta  a cuore, e di fronte alla quale già si preparano a storcere il naso i repubblicani di Senato e Camera dei rappresentanti (oltre che i settori del mondo economico legati all’opposizione). Forse la colpa di Obama è stata quella di rimandare i suoi più importanti provvedimenti al secondo mandato, bruciando letteralmente il primo, durante il quale aveva goduto della massima popolarità e fiducia. Ma è inutile piangere sul latte versato: ora non c’è più tempo di camminare sulla strada del cambiamento, sembra ripetersi il presidente ad ogni istante: adesso si può solo correre per arrivare in fondo ad essa. Il New York Times scrive dell’imminente varo di un provvedimento che contiene disposizioni draconiane volte a contrastare l’aumento delle emissioni industriali di ozono. Una minaccia per l’ambiente ma anche e soprattutto per la salute, dal momento che è stato scientificamente accertato che, nelle aree dove la loro produzione è particolarmente rilevante (ad esempio nel Midwest), esse sono causa di malattie cardiache e respiratorie. Dopo la sanità e le politiche sociali, l’ambiente è l’ultimo fronte su cui il presidente è costretto a pigiare l’acceleratore perché – e lui lo sa perfettamente  - è questo il terzo decisivo terreno su cui “si parrà la nobilitade” della sua presidenza. Un terreno controverso, occorre riconoscerlo, affrontando il quale Obama in patria si è sempre trovato schiacciato tra due fuochi, gli interessi dei lobbysti e le pressioni degli ambientalisti Questi ultimi non gli hanno risparmiato le loro critiche, in passato: addirittura sono arrivati a mettere in dubbio che egli sia mai stato realmente convinto di voler perseguire uno degli obiettivi primari del suo programma.In effetti, nel 2011 Greenpeace Usa lo bacchettò per non aver avuto il coraggio di applicare subito, a fronte di un aumento del 3% delle emissioni di gas serra, i nuovi rigorosi parametri per la qualità dell’atmosfera stabiliti dall’Epa, l’agenzia statunitense per la protezione dell’atmosfera. Ad un anno dalle nuove  elezioni, condizionato dai voleri della grande industria, Obama preferì rimandarne l’adozione al 2013.  Il “Green Obamacare” fu lanciato, appunto,  solo all’inizio dell’estate del 2013, ma non trovò una forma definitiva almeno fino al giugno del 2014, quando venne stabilito che la riduzione delle emissioni inquinanti che derivino da procedimenti industriali (ozono, ma anche biossido di carbonio) dovesse raggiungere una quota pari al 30%. Poi arrivò l’Isis, e i pensieri della Casa Bianca  si concentrarono altrove.  Ma ciò che the Change Man sta dimostrando, riscattando in zona Cesarini le occasioni via via perdute, è che, se una cosa entra nella sua agenda, non importa l’attesa, ma verrà affrontata di petto. Senza perdere il sorriso: dopotutto, forse, la vera era Obama inizia ora, o tutt’al più è iniziata ad Aspen, con quella stretta di mano al presidente cinese proprio sui gas nocivi. Yes, we can (now).

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