Esattamente due mesi dopo quello in Lesotho, un nuovo colpo di Stato ha messo fine ad un regime africano. Alla fine di ottobre la scena golpista si è spostata nel Burkina Faso (il “Paese degli uomini integri”), dove da ventisette anni reggeva inossidabile al potere Blaise Compaoré. Il presidente-dittatore, in pratica, è stato rovesciato più o meno nello stesso modo in cui egli stesso, nel 1987, aveva preso le redini del Paese: era il 15 ottobre di quell’anno, infatti, quando Compaoré, messosi a capo di un’insurrezione militare, uccise con le sue mani, nella capitale Ouagadougou, il presidente in carica Thomas Sankara (a sua volta salito alla guida dello Stato con un putsch, organizzato proprio da Compaoré), diventato una minaccia per Usa e Francia a causa della sua politica riformista, e si mise al suo posto. Un incidente, avrebbe detto in seguito a proposito della morte di Sankara; certamente, però, non fu incidentale la feroce repressione contro sankariani e avversori del suo regime scattata subito dopo la presa del potere. Con Sankara furono messi a morte ben dodici ufficiali, fautori della sua politica, e non molto tempo dopo Compaoré si sbarazzò anche dei colleghi con cui aveva costituito un triumvirato di governo , i generali Zongo e Boukari Lingani.
Dopo più di un ventennio di tirannia, giovedì 30 ottobre a Ouagadougou l’esercito, guidato dal capo di Stato Maggiore Honoré Traoré, si è rivoltato contro Compaoré, ha imposto lo scioglimento del Parlamento e l’entrata in vigore del coprifuoco e quindi ha occupato tutte le tv e la sede del Congresso per la democrazia e il progresso, il partito del presidente. Non sono mancati gli scontri: nel corso di essi si sono registrati trenta morti e circa un centinaio di feriti, e un incendio ha parzialmente danneggiato l’edificio parlamentare. Wendé Sankara, portavoce dell’opposizione anti-Compaoré, ha fugato ogni dubbio, semmai ce ne fossero stati: per definire quello che è successo ha parlato chiaramente di “golpe”. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato l’annuncio di una nuovo ritocco alla legge elettorale che avrebbe consentito a Compaoré di prolungare ancora il suo mandato. Lungi dal darsi alla fuga, sulle prime il presidente ha invece provato a bloccare lo scioglimento dell’Assemblea nazionale e a revocare il coprifuoco, per poi indirizzare una proposta agli insorti: purché gli si fosse consentito di poter fare da ponte tra il suo regime e una nuova fase politica, sarebbe stato disposto a cedere il potere. Wendé Sankara aveva esortato a non fidarsi delle offerte del despota: “Ci ha ingannati tutti per 27 anni e cerca di farlo ancora”. Così, di fronte alla fermezza dei suoi interlocutori, ventiquattr’ore dopo Compaoré si è dimesso. Testimoni lo hanno visto a bordo di un convoglio militare che, dalla capitale, prendeva la direzione del Ghana. Intanto Traoré era già diventato presidente ad interim.