Poche settimane fa avevamo lasciato Kobane conquistata per metà dalle truppe dell’Isis, che vi avevano anche piantato il loro vessillo: in pratica tutta la parte orientale della città era nelle mani degli uomini di al-Baghdadi. Adesso le cose sono cambiate: a Kobane est l’Isis può disporre solo di due quartieri, e sembra impossibile che gli islamisti possano compiere una significativa avanzata nel resto della città. E, ciò che più conta, quella bandiera di morte è stata ammainata.
“Tutta Kobane sarà liberata presto”, ha dichiarato alla Bbc il 17 ottobre un comandante dei peshmerga siriani. Dietro alla vittoriosa controffensiva dei soldati curdi c’è senz’altro l’aiuto americano, ma l’ufficiale intervistato, parlando di armi e mezzi ricevuti dall’esterno, non ha fatto cenno alla loro provenienza.
Il punto di svolta nella riscossa, inutile dirlo, è stato la riconquista, avvenuta il 14, della strategica collina di Zanqat, già postazione utilizzata dall’Isis per porre l’assedio alla città. Dopodiché, i peshmerga dell’Ypg (le Forze di Difesa del Popolo, ossia le unità combattenti dei curdi siriani) sono calati nella parte orientale di Kobane (che, come si è detto, era il “fortino” dell’Isis) e hanno costretto gli occupanti a retrocedere di circa 4 km verso levante.
Lo stato islamico che perde terreno sul suolo siriano può comunque consolarsi con un trofeo non di poco prestigio: dopo essere riuscito a sottrarre tre Mig all’aviazione siriana, nel corso di un’offensiva ad est di Aleppo, li ha poi fatti volare ad alta quota tra Aleppo e Raqqa. In cabina di pilotaggio tre disertori delle forze aeree irachene, passati nelle file degli estremisti.