Il 25 settembre le autorità giudiziarie moscovite hanno ordinato il sequestro delle azioni della compagnia petrolifera Bashneft: si tratta di una delle tante società nel portafoglio del bilionario Vladimir Yevtushenkov, attualmente agli arresti domiciliari con l’accusa di riciclaggio nella privatizzazione della stessa Bashneft, attiva sul mercato petrolifero russo dal 1946. Il sessantaseienne Paperone, leader della holdig company Sistema, si è subito proclamato estraneo alla vicenda. I media già profetizzano una replica della vicenda Yukos, altra azienda petrolifera che, per una serie di problemi col fisco, fu progressivamente decapitata dei suoi dirigenti e finì per essere sbranata da Rosneft (anni 2003-2007). Già, la Rosneft, il contraltare pubblico della Bashneft, guidato da un fedelissimo di Putin, Igor Secin. Nell’improvvisa caduta in disgrazia di Bashneft e dei suoi vertici non si può non tenere conto del fatto che Rosneft è interessata ad acquisirla.
Ma anche Rosneft ha i suoi problemi, dal momento che è finita nelle “liste proscrittive” emesse da Usa e Ue in risposta all’appoggio militare dato dai russi agli ucraini separatisti.
A proposito di clima di sanzioni e controsanzioni: Mosca si prepara ad entrare in guerra contro gli editori stranieri. Un “editto” di Putin approvato dalla Duma proibisce infatti ad un editore non russo di possedere più del 20% dei media nazionali. Tremano i principali giornali inglesi in Russia, il Moscow Times e Forbes, ma anche grandi gruppi come Axel Springer, Ctc Media e Burda.