Si risolverà al secondo turno l’elezione del capo dello Stato in Brasile. Gli exit poll e i successivi scrutini hanno detto che il 5 ottobre nessuno dei tre candidati è riuscito a sfondare il muro del 50% delle preferenze. Ma qualche sentenza le urne l’hanno già espressa. Si ferma la corsa di Marina Silva, alla vigilia ben accreditata per arrivare in fondo: la candidata socialista, avendo raccolto il 21% dei consensi può dire addio, per questo giro, al suo programma anti-gay, anti-abortista e a favore dell’ambiente e dei diritti degli indios. Al ballottaggio del 26 ottobre andranno invece Dilma Rousseff, la presidente laburista uscente e delfina di Lula, e il “perdente annunciato”, Aecio Neves, candidato di centrodestra. La prima ha guadagnato una percentuale di preferenze pari al 41, il secondo è staccato di meno di dieci punti (33%).Di fatto, la partita è ancora apertissima e non è detto che il senatore ed ex governatore di Minas Gerais non possa guadagnare terreno se, come si vocifera, Marina Silva chiederà ai suoi elettori di riversare i loro voti proprio su Neves: in alternativa, concederà ad essi la libertà di voto ma sembra escluso un appoggio alla Rousseff, di cui è acerrima rivale sin dal 2009, cioè da quando entrambe erano ministre del primo governo Lula (in particolare l’attuale capo dello Stato era all’Energia, la Silva all’Ambiente).
Dal canto suo, Dilma Rousseff sa che significa battersi al secondo turno: nel 2010 divenne presidente proprio vincendo il ballottaggio contro José Serra, e dopo essersi messa alle spalle un primo turno in cui aveva raccolto meno di quanto le previsioni concordemente le attribuivano. Nello scontro finale con Serra, poi, non risparmiò colpi proibiti al suo avversario, incluso un dossier commissionato al suo staff col preciso scopo di infangarlo. Del resto, non è un mistero che la Rousseff, colei che conquistò la fiducia di Lula grazie al suo computer portatile, in politica abbia la fama di divora-uomini: Neves è caldamente avvertito.