Se Obama chiama all’adunata i suoi amici e alleati dell’Est e dell’Ovest, l’Isis non sta a guardare: il 16 settembre si schierano apertamente dalla sua parte due temibili fazioni di al Qaeda operanti rispettivamente nel Maghreb e nella penisola arabica. Si tratta con più precisione dell’Aqim o Aqmi e dell’Aqap. L’Aqim è l’erede del Gruppo Salafita per la predicazione e il combattimento (GSPC), che mutò il suo nome nel 2007 dopo essere entrato, appunto, nell’orbita di al Qaeda. Un po’ più giovane è l’Aqap, nato nel 2009 dalla fusione di due cellule qaediste attivi in Arabia Saudita e Yemen. Fino a questo momento l’Isis aveva agito in modo sostanzialmente autonomo rispetto alle altre realtà terroristico-estremistiche dell’area mediorientale: gli attriti dei miliziani del Califfato col braccio siriano di al Qaeda, al Nusra, avevano anzi provocato un certo raffreddamento nei rapporti tra Stato Islamico e formazioni combattenti di fede binladeniana, giunti addirittura sconfessato i metodi barbari dei conquistatori dell’Iraq settentrionale. Ma è evidente che l’odio antiamericano è un collante in grado di superare qualsiasi frizione. “E’ necessario unire le forze contro la minaccia rappresentata dagli Usa e dalla loro alleanza, e smetterla di proseguire con inutili guerre fratricide”, si legge nella dichiarazione congiunta Aqmi-Aqap. A dare l’accelerazione decisiva alla costituzione di questo fronte comune hanno contribuito i primi raid della coalizione anti-Isis contro Baghdad, scattati qualche ora prima che il patto di fuoco tra mujaheddin venisse concluso.