Ci sono voluti quattro mesi all’Iraq per partorire un nuovo governo legittimo: all’alba di martedì 9 settembre il Parlamento di Baghdad ha dato la fiducia all’esecutivo presieduto dallo sciita Haider al-Abadi, con 177 voti a favore su 289 totali. A facilitare notevolmente le cose, la rinuncia spontanea al terzo mandato da capo del governo di Nouri al-Maliki, in contrapposizione al quale Abadi era stato nominato. Maliki aveva deciso di uscire di scena a cavallo tra il 14 e il 15 agosto, con decisione maturata liberamente, accogliendo in modo sereno le pressioni provenienti dal suo stesso partito: lungi dal far leva sull’appoggio dei militari, come si era temuto a poche ore dall’”investitura” del suo avversario sciita, aveva quindi preferito lasciare campo libero ai preparativi per la formazione del nuovo gabinetto, il primo senza di lui alla guida dal 2005. La sua “collaborazione” è stata premiata: Maliki è diventato uno dei vicepresidenti della Repubblica (mentre un altro ex premier, Jafaari, è stato imbarcato nella squadra di governo: sarà il nuovo ministro degli Esteri): E così il vuoto governativo è stato colmato in poco più di una ventina di giorni. All’appello mancano ancora tasselli importanti, come i ministri dell’Interno e della Difesa, ma anche così il neonato esecutivo mesopotamico – un esecutivo “arcobaleno”, poiché formato da sunniti, curdi e sciiti – merita i complimenti della comunità internazionale. Un bigliettino d’auguri da parte dell’Alto Commissario per gli Affari Esteri dell’Ue, Mogherini: “La speranza è che il nuovo governo, rappresentativo di tutte le comunità del Paese, segni una svolta“. Per il segretario di Stato Usa, Kerry, si tratta di una “tappa indubbiamente fondamentale nel cammino della ricostruzione dell’Iraq”. Ad Obama interessa soprattutto lo sforzo che il gabinetto al-Abadi saprà produrre contro l’Isis: “C’è la necessità di uno sforzo congiunto Iraq-Usa contro la minaccia del Califfato”. Il nuovo premier iracheno sarà felice di non deluderlo: al primo posto nella sua agenda ha messo proprio l’impegno “ad appoggiare le operazioni militari contro le forze del terrorismo, fino al raggiungimento della vittoria”.