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Libia: Parlamento secessionista elegge altro premier

Settanta dei duecento deputati uscenti si ribellano al Parlamento di Tobruk

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Ginepraio Libia. Facciamo il punto della situazione: all’inizio di agosto il Parlamento eletto a giugno  decide, per motivi di sicurezza, di spostare la sede delle proprie riunioni da Tripoli a Tobruk. Un po’ perché la capitale è sotto i bombardamenti, un po’ perché i filo-islamici, al potere prima delle consultazioni, non riconoscono il risultato elettorale che vede i liberali prevalere su di essi. E allora nel Paese si ripropone la situazione dei tempi della guerra civile del 2011: con un governo ufficiale a Tripoli, quello di Gheddafi, a cui si contrappone quello dissidente clandestino di Bengasi, il Consiglio Nazionale di Transizione che, con l’aiuto degli americani, riuscirà a rovesciare il regime. Solo che stavolta è il governo ufficiale (ufficialmente eletto) a cui tocca diventare clandestino. In mezzo agli islamici e ai liberali, come si è visto, sta il generale Haftar, ormai non più padrone dell’aeroporto di Tripoli, con i suoi prodi “cavalieri” di al-Zintan.
Dunque, al momento c’è un doppio governo in Libia.  A Tobruk viene riconosciuto quello guidato da Abdallah al-Thani, che era stato nominato ad interim a marzo ma aspetta ancora un’investitura definitiva. A Tripoli il capo dello Stato Nouri Abusahmain deve invece prendere atto della rivincita di Omar al-Hassi su Ahmed Maiteeq. Quest’ultimo a maggio era riuscito a spuntarla proprio su al-Hassi e a prendere  la guida del governo grazie al forte sostegno dei Fratelli Musulmani, ma il 25 agosto una seduta parlamentare speciale ha rimesso a posto le cose. Ora al-Hassi è il nuovo premier, ma c’è un problema: il Parlamento che lo ha eletto non è regolare. Si tratta, infatti, dell’assemblea legislativa (GNC, General National Congress), che avrebbe dovuto sciogliersi in base ai risultati del 25 giugno, ma, alla luce di quanto si è riepilogato, non lo ha fatto. Per giunta alla seduta non era presente neppure la metà del numero massimo dei parlamentari senza più mandato: solo settanta dei duecento complessivi hanno eletto al-Hassi.
La Babilonia totale a livello governativo è solo un aspetto del caos in cui versa il Paese: la notizia dei raid congiunti dell’aviazione egiziana e degli Emirati Arabi è un giallo nel giallo delle incursioni franco-italiane, su cui non si è ancora fatta sufficiente chiarezza. Fonti Usa parlano di un sostegno del governo del Qatar alle forze filo-islamiche. E mentre a Tripoli fanatici prendono d’assalto la casa di al-Thani, il governo della capitale si prepara a chiedere aiuto all’ONU contro il terrorismo: l’appuntamento è per il Consiglio di Sicurezza del 27 agosto. Intanto i paesi confinanti con la Libia, Egitto, Mali, Ciad, Tunisia e Algeria, riunitisi in un summit di emergenza, hanno concluso che è necessario favorire l’apertura di un dialogo nazionale nel Paese che porti a far tacere le armi. Più esplicita la proposta egiziana: cessate il fuoco, immediato.  

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