Missione compiuta, a meno di un anno di distanza dalla strage dell’oasi di Ghouta (21 agosto 2013). Quell’efferato eccidio di civili compiuto con il gas nervino spinse l’Onu, alla fine di settembre, a votare una risoluzione con cui veniva imposto ad Assad di distruggere i suoi arsenali chimici. E Obama si impegnò a farla rispettare.
Ora per la Casa Bianca è il momento dei ringraziamenti. Probabilmente un grazie di maggior rilievo lo avrebbe meritato la Russia: non bisogna dimenticare, infatti, il ruolo decisivo giocato da Mosca col ministro degli Esteri Lavrov nel convincere il presidente siriano a cooperare. Senza il contributo diplomatico di Putin, proprio quando Washington non proponeva niente di meglio che intensificare le azioni di forza contro Damasco, forse il documento del Palazzo di Vetro sarebbe rimasto un programma inattuato. Al di là di tutto, comunque, gli eroi del giorno sono loro, i fantastici membri dell’equipaggio della Cape Ray. La nave-laboratorio, di fabbricazione giapponese, ha consentito che la liquidazione delle ami chimiche siriane, e la dispersione delle scorie derivate, venisse effettuata in mare aperto, senza che nessun materiale tossico toccasse terra.
Dopo aver preso in consegna l’arsenale di Assad (78 container) dalla Ark Futura, la nave danese che, secondo accordi, aveva prelevato gli armamenti direttamente dal suolo siriano (dal porto di Latakia), il 2 luglio la Cape Ray guadagnò il largo da Gioa Tauro, lo scalo calabrese teatro del trasbordo, in direzione del Mediterraneo orientale. Qui, nell’arco di una sessantina di giorni, è stato compiuto il trattamento terminale del carico. Le parole di elogio di Pentagono e Amministrazione sono per il comandante, Rich Dromerhauser, per i 38 “ragazzi” della ciurma, per i 64 periti chimici dell’Edgewood Maryland e per il contingente dell’Us European Command. Il segretario alla Difesa, Chuck Hagel. ha annunciato alle 6.28 italiane l’avvenuta “neutralizzazione, in mare, degli elementi chimici più pericolosi delle scorte siriane”. E non ha mancato di aggiungere che l’operazione serve a dare “un contributo duraturo alla sicurezza globale”. Poi è stata la volta di Obama, che ha definito il risultato raggiunto “una pietra miliare nei nostri sforzi tesi a contrastare la diffusione di armi di distruzione di massa”. Nei titoli di coda, un riconoscimento cumulativo a tutti i partner nell’impresa, Italia e Russia comprese.