Ventiquattro ore dopo il quasi completamento della conquista del nord Iraq da parte dell’Isis, sul giallo dei bombardamenti americani tra regione di Mosul e Kurdistan è stato Obama in persona a mettere la parola fine. Era da poco passata la mezzanotte in Italia quando si consumava un ping pong di notizie contrastanti tra Erbil e Washington. Di caccia Usa ormai passati all’azione con raid nella zona di Sinjad aveva parlato il ministro della Difesa curdo, Anwar Hai Othman, citato dal Wall Street Journal, notizia confermata da una tv curda, che si meritava così una menzione sulle colonne del New York Times. Ma niente di quanto riportato dalle due autorevoli testate risultava al Pentagono, il cui portavoce, John Kirby, si affrettava anzi a dire: “Sono notizie assolutamente false”.Tutti quanti, però, già sapevano che quasi in quelle stesse ore Obama aveva autorizzato l’invio in Iraq di aiuti umanitari, naturale preludio a qualcosa di più consistente sul piano del contrasto anti-jihadisti. Quando, alle 3.44 ora italiana, Kirby era costretto a smentire se stesso, le notizie a quel punto erano due: e cioè non solo che la Casa Bianca, appunto, ufficializzava l’avvio dei raid aerei anti-Isis nel Kurdistan, ma anche che i miliziani erano ormai giunti alle porte di Erbil; ed era innanzitutto in soccorso dei valorosi difensori della capitale che gli americani si muovevano. Il resto è cronaca del pomeriggio, con il primo bollettino del Pentagono: due bombardieri FA18 hanno sganciato altrettante bombe a guida laser da oltre 226 chili ciascuna in corrispondenza di alcune postazioni d’assedio islamiste. “Non potevamo tenere gli occhi chiusi”, è stata l‘ammissione di Obama: il suo pensiero appare rivolto prima di tutto ai soldati e allo staff diplomatico statunitensi presenti a Erbil.
L’Isis, intanto, è ben lungi dal mostrarsi fiaccato; e, forte della conquista della grande diga sul Tigri a nord di Mosul, che gli consente di avere in pugno il rifornimento idrico della piana di Ninive, ha diffuso sui siti jihadisti un comunicato in cui si dice pronto a proseguire l’offensiva contro peshmerga (i soldati curdi) e americani.