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Classifica dei 20 migliori atenei europei per trovare lavoro, ma non tutti sono d'accordo

Il “Times Higher Education” ha pubblicato una nuova graduatoria dove la prima università italiana si trova al 78 posto

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Trovare lavoro in tempo di crisi si sa, è difficile, anche se si ha una laurea in tasca. Tuttavia secondo diverse classifiche le lauree non sono tutte uguali, o meglio, gli atenei che le rilasciano non hanno tutti lo stesso prestigio non offrono la preparazione richiesta dal mercato del lavoro.

E’ quanto emergerebbe dalla nuova classifica pubblicata dal “Times Higher Education” (THE), rivista inglese specializzata sull’università e la ricerca. Quella pubblicata dal THE non è la prima che “misura” la qualità e il prestigio delle università. Da anni, infatti, il THE stila annualmente graduatorie di questo genere e l’ultima era uscita proprio nel settembre scorso (World University Rankings 2016).

La nuova classifica questa volta però non si concentra sulla ricerca bensì sulla possibilità di trovare lavoro dopo gli studi in relazione all’università di provenienza.  Nei primi 10 posti a livello mondiale troviamo 6 università statunitensi, 2 britanniche, 1 tedesca e una giapponese:
1. California Institute of Technology (Usa, score 927)
2. Massachusetts Institute of Technology (Usa, score 887
3. Harvard University (Usa, 853)
4. University of Cambridge (UK, score 836)
5. Stanford University (Usa, score 805)
6. Yale University (Usa, score 800)
7. University of Oxford (UK, score 773)
8. Technical University of Munich (Germania, score 744)
9. Princeton University (Usa, score 713)
10. University of Tokyo (Giappone, score 677)
La classifica è stata redatta attraverso interviste a un campione di manager reclutatori che hanno avuto esperienze di assunzione dei laureati e a 3450 amministratori delegati di aziende. La dimensione del campione è stata decisa sulla base del numero di numero di studenti universitari, delle università e del PIL di ciascun paese. I primi hanno avuto la possibilità di esprimere fino a un massimo di 15 voti su una lista di università del loro paese che ha offerto la migliore probabilità di assunzione; i secondi (amministratori delegati), invece, hanno avuto 10 voti a disposizione per valutare le liste di università prodotte dai primi (manager reclutatori). I voti sono poi stati aggregati in punteggi per produrre la classifica.

Dalla classifica del THE, il sito “Skuola.net” ha poi selezionato le università europee tra le quali spiccano quelle britanniche, francesi e tedesche. Per trovare un ateneo italiano bisogna arrivare alla posizione 78 dell’Università Bocconi di Milano.
Questa la classifica delle “prime” venti università europee:
1.University of Cambridge (Gran Bretagna)
2. University of Oxford (Gran Bretagna)
3. Technische Universität München, Monaco (Germania)
4. Imperial College, Londra (Gran Bretagna)
5. HEC di Parigi (Francia)
6. King's College, Londra (Gran Bretagna)
7. University of Manchester (Gran Bretagna)
8. Instituto de Empresa (Spagna)
9. EMLYON, Lione (Francia)
10. Istituto Federale Svizzero di Tecnologia, Zurigo (Svizzera)
11. LMU, Monaco di Baviera (Germania)
12. University of Edimborough (Gran Bretagna)
13. École Normale Supérieure (Francia)
14. École Polytechnique Fédérale, Losanna (Svizzera)
15. Mines ParisTech, Parigi (Francia)
16. CentraleSupélec, Parigi (Francia)
17. École Polytechnique, Parigi (Francia)
18. London School of Economics and Political Science (Gran Bretagna)
19. University College, Londra (Gran Bretagna)
20. Goethe University, Francoforte (Germania)
A giudicare dalla  classifica, dunque, le migliori università sembrerebbero quelle inglesi e americane, tra le quali ci sono le “classiche” Oxford, Cambridge e Mit, mentre l’Italia sarebbe ancora fanalino di coda.

Ma non tutti la pensano cosi. L’Associazione Roars, specializzata anch’essa sui temi dell’università e della ricerca, da anni contesta queste classifiche, sia nel metodo che merito.  Sul tema abbiamo sentito il professor Giuseppe De Nicolao,  professore ordinario di Automatica presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Pavia, e tra i fondatori di Roars.
Sul merito De Nicolao prima di tutto si chiede “che senso abbia fare delle classifiche sull’università. Il loro compito è di formare le persone, non competere tra loro per definire qual è la migliore”. Anche sui criteri di redazione di queste classifiche De Nicolao esprime dei dubbi. “Se proprio bisogna farle, che almeno si utilizzino criteri corretti. Le classifiche del “Times Higher Education” sono costruire in modo poco scientifico e non tengono in considerazione fattori decisivi come le risorse di cui dispongono le università”.
Il fattore economico per De Nicolao è decisivo e può portare a dei veri e propri ribaltamenti delle graduatorie. “Ad esempio se si considerano i risultati nel campo della ricerca degli delle università italiane rapportati alle risorse di cui dispongono emerge che queste non sono affatto di scarsa qualità, anzi. Gli atenei che occupano sempre i primi posti nelle classifiche dispongono di risorse enormi, ma questo non viene preso in considerazione”. Un altro aspetto che rende poco attendibili le classifiche è la scelta di non considerare quasi mai il settore umanistico che è di difficile valutazione: togliendo questo, infatti, aumenta il peso della ricerca scientifica e cambia la posizione di un ateneo nella graduatoria.

Sull’ultimo studio pubblicato dal THE, quello sull’occupabilità in base all’ateneo, De Nicolao sostiene che sia ancora meno attendibile “visto che è realizzato solo con interviste”.

C’è poi anche l’aspetto politico. Secondo De Nicolao infatti, le classifiche “hanno un importante impatto sulle politiche dei governi. E’ chiaro che se queste sono orientate a costruire un sistema universitario con una o due università e di eccellenza e abbandonare tutte le altre si tratta di una scelta politica. Ma per un sistema economico cosa conviene di più? Avere pochissimi studenti o laureati eccellenti o un gran numero di laureati preparati e capaci?”.

 

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