Ognuno ha i propri Gülen.
In Armenia un gruppo di uomini armati giunti a bordo di un camion ha preso d’assalto, la scorsa domenica, il quartier generale della polizia e del ministero dell’Interno, a Erevan, e per alcune ore si è barricato dentro l’edificio facendosi scudo di diversi ostaggi, tra i quali il capo della polizia Valery Osipyan.
Un poliziotto è morto nell’attacco – si tratta del colonnello Artur Vanoyan - e altri due sono rimasti feriti. Tutta l’azione, risoltasi poi con una trattativa piuttosto lunga ed estenuante tra forze dell’ordine e occupanti, sarebbe in realtà un atto dimostrativo di forza finalizzato a sollecitare la liberazione di Jiaryr Sefilyan, leader dell’opposizione arrestato il 20 giugno. Però, va detto, la chiamata a raccolta della popolazione fatta dagli estremisti attraverso un video (“Cari amici, cittadini, nazione armena, stiamo facendo questo per voi... uscite in strada!") ricorda più che altro il messaggio lanciato da Erdogan ai cittadini turchi.
Sefilyan, che lo scorso ottobre ha fondato un movimento di opposizione al presidente in carica Sargsyan, “Nuova Armenia”, è un anarchico convinto che il cambiamento di governo, nel suo Paese, non può passare da elezioni regolari. Il suo arresto, avvenuto, come abbiamo già ricordato, il 20 giugno scorso, è stato motivato con l’accusa che egli aveva ordito un complotto per prendere possesso di alcuni edifici chiave della capitale Erevan. Proprio quello che poi hanno effettivamente provato a fare alcuni suoi seguaci.