Festa grande in casa Clinton.
Nel loro personale calendario delle ricorrenze, da ieri Bill e Hillary (e perché no, Chelsea, che pure non vive più con mamma e papà) possono circolettare in rosso anche il 7 giugno, esattamente come hanno sempre fatto, fino ad oggi, per il 6 giugno. Subito dopo il D-Day, infatti, adesso gli ex coniugi presidenziali (che potrebbero pure tornare ad esserlo, ma a parti invertite) possono anche festeggiare l’N-Day, il giorno della Nomination, quello che incorona Hillary candidata democratica ufficiale per la Casa Bianca.
Dopo l'investitura virtuale nel dopo-voto in Porto Rico, quella effettiva. "Abbiamo sfidato la storia", dice lei con orgoglio. Effettivamente è la prima donna a raggiungere questo traguardo, non solo in campo democratico. Per qualche ora miss Clinton può ben dimenticari i guai del mail-gate. E adesso, magari, quel furbacchione di Bill si sta già mettendo all’opera per preparare i primi festoni nell’eventualità che anche quel fatidico dì di novembre che cade esattamente quattro giorni dopo quello del Ringraziamento diventi un altro anniversario specialissimo per la consorte e per lui. Chissà, lo sapremo solo col tempo: per il momento ciò che si può dire è che il 7 giugno 2016 rappresenta una data difficilmente dimenticabile, per i Clinton e i clintoniani.
Come potrebbe essere diversamente? Quota 2383 raggiunta, e superata con un buon margine: alla passerella finale del 14 giugno nel District of Columbia (cioè a Washington, il cuore della sfida che è stata in tutti questi mesi, e che sarà) Iron Hillary si presenterà forte di 2497 delegati. Si ferma, ma con onore, a quota 1667 il suo irriducibile sfidante Bernie Sanders, che onorevolmente è riuscito a strappare all’ex First Lady ed ex segretario di Stato il Montana (col 50,9% delle preferenze) e il North Dakota (64,2%, cifre da picchi massimi sandersiani). Tutto il resto nell’ultima maxi-tappa delle primarie democratiche, il Super Tuesday del 7 giugno appunto, si è colorato di rosa, rosa clintoniano: New Jersey (63,3%), New Mexico (51,5%), South Dakota (51%) e la California che non doveva deludere e, in effetti, non ha deluso: e ha premiato, anzi, Hillary con un rotondo 57,1%.
Contrariamente alle attese, però, non è in California che ella ha raccolto il bottino di delegati più ghiotto, bensì in New Jersey: a Trenton e nel resto dello Stato che ha come simboli, tra gli altri, una testa di cavallo e un berretto frigio la candidata si è vista incrementare il suo saldo personale di ben 73 unità. La California, invece, come scrive il blog di The Hill (thehill.com), gliene ha dati “solo” 67: in realtà la conta dei delegati californiani mentre scriviamo è ancora in corso, ma qualunque ulteriore aumento del numero non cambierebbe certo la storia.
In campo repubblicano, invece, com’è noto non c’era ormai più partita, con il solo Trump rimasto in campo. Dappertutto il bilionario ha vinto come uno schiacciasassi, anche se a questo punto l’unico su cui poteva infierire era proprio se stesso. E mr. Esagerazione non ha mancato di farlo: 73,8% dei suffragi in California, 80,6% (!) in New Jersey, 70,7% in New Mexico e 67,1% in South Dakota. Al momento in cui battiamo questo pezzo, i dati del caucus repubblicano in North Dakota non sono stati ancora resi noti: non mancheremo di registrarli in aggiunta al resoconto sulla giornata democratica del 14 giugno, perché il bellum civile in casa dei conservatori finisce qui. E l’uomo che, a detta della maggioranza degli osservatori e dei professoroni, avrebbe dovuto ritirarsi dopo la terza tappa delle primarie, forte dei suoi 1536 delegati è pronto ad espugnare Washington.