Alla fine la nomination per i Democratici la otterrà, nonostante tutto.
Le vincerà queste primarie, e nel novembre un po’ grigio e malinconico che darà l’addio all’era Obama Hillary Clinton si troverà a contendere la Casa Bianca a Donald Trump. Ma dopo aver sofferto fino in fondo le forche caudine di un trend ingloriosamente altalenante, per non dire ribassista nella sua direzione complessiva, come sentenzierebbero i traders.
Dopo sette batoste consecutive (sette!) e altri cinque round vinti uno appresso all’altro, Iron Hillary è giunta ora al suo terzo ko di fila: archiviati i rovesci di Rhode Island e Indiana, adesso deve digerire anche il risultato negativo della West Virginia. Martedì 10 maggio: a Charleston e nel resto dello Stato che ha per motto la frase “Montani semper liberi” il 51% degli elettori ha scelto Bernie Sanders, mentre solo il 36% ha preferito la sua bionda sfidante, che paga una gaffe del marzo scorso sull’industria carbonifera, principale risorsa economica westvirginiana.
La matematica dice che alla Clinton, che ha già conquistato 2239 delegati (inclusi gli 11 conquistati in West Virginia, e i super-delegati) e dovrebbe aggiungerne non più di 144, basterebbe avere l’abilità di arraffare quei pochi spiccioli che gli consentirebbero di far chiudere il banco. Ma, appunto, questa è solo matematica: poi entra in campo la dimensione emotivo-partecipativa della politica, e qui Sanders accresce la sua forza di tappa in tappa. “Abbiamo già vinto in 19 Stati, continuo ad essere in corsa per vincere", ha detto il senatore del Vermont commentando le prime positive proiezioni, e “lotterò fino alla fine per ogni voto”, perché è giusto battersi per un’economia in grado di garantire tutti, e non soltanto “l’1% della popolazione”. Ambiziosamente, poi, volge già il suo sguardo alla sfida con Trump: “È lui l’avversario da battere”. 1469 delegati, inclusi i 16 che si è appena aggiudicato in West Virginia: se alla vittoria finale continua a crederci lui, sicuramente continueranno a crederci anche i supporters che ne fanno un oggetto di adorazione ogni giorno di più.
In campo repubblicano nelle stesse ore trionfa facile Donald Trump, ormai rimasto senza più rivali dopo il ritiro della sua “croce” principale (appunto, Ted Cruz). Il bilionario vince in West Virginia (la tappa in comune con i Democratici), dove la forte intesa con i signori del carbone gli frutta il 77% dei voti e altri tre delegati; e vince anche in Nebraska: qui ottiene il 61% delle preferenze e tutti e 39 i delegati a disposizione. Risultato: quota 1136 delegati raggiunta, nomination dietro l’angolo.
E ora l’appuntamento (anche per i Democratici) è per il 17 maggio in Oregon e Kentucky, ma si può scommettere che fin da ora l’ex mr. Apprentice si apposterebbe volentieri nei pressi di Washington (e del 1600 di Pennsylvania Avenue). Intanto, via ad una nuova raccolta fondi, che si terrà a Long Island nella cornice di una serata di gala: gli eventuali partecipanti (e contributori) saranno chiamati a sborsare 200 dollari a testa.