Non bollateci come paladini della frase fatta.
Ma dire che, spesso, gli auspici positivi riescono a re-indirizzare la buona sorte e a far sì che prevalga su quella cattiva non è soltanto un’osservazione di stanco empirismo di seconda o di terza mano: per Hillary Clinton questa regola ha dimostrato di valere oro, e nel momento più delicato del suo cammino nelle primarie democratiche per le elezioni presidenziali.
Gli endorsements strategicamente piazzati dal New York Daily News e da Joe Biden, nei giorni immediatamente precedenti il decisivo voto nello stato di New York, hanno fatto appieno il loro dovere contribuendo a che, il 19 aprile, l’ex First Lady si riprendesse dal maxi-trend negativo iniziato in Idaho il 22 marzo e protrattosi per altre sei giornate. Bernie Sanders, il “cavaliere nero del Vermont”, non espugna la Grande Mela, che, a quanto pare, proprio come Biden, pensa di essere pronta per la prima donna Commander in Chief nella storia Usa. Perlomeno il 57,9% degli elettori che hanno votato all’ombra di Ground Zero ci crede; solo il 42,1%, invece, ha voluto dare il suo sostegno all’attempato Spartaco di estrema sinistra. Con questa vittoria la Clinton incrementa in modo particolarmente ricco il numero di delegati al suo attivo: ne incassa, infatti, altri 135, così da arrivare alla quota totale di 1911 (-472 alla conquista dell’agognata nomination).
Anche Sanders ne guadagna una quota di tutto rispetto, 104, e in tal modo arriva a toccare i 1229 complessivi. La rincorsa, con quei delegati di svantaggio che restano sempre più di 700, appare affannosa oggi esattamente come nel momento d’oro del super-seven, eppure in teoria, sul piano strettamente matematico, la partita sarebbe ancora aperta: basterebbe, infatti, che, almeno nelle prossime cinque tappe di queste consultazioni preliminari, Sanders riuscisse ad infliggere alla Clinton distacchi vertiginosi come quelli in Utah, Idaho e Washington. E provocare, così, una seconda, più profonda scalfittura ad una Iron Hillary tutto sommato ancora in convalescenza.
La notte di New York ha visto nuovamente brillare anche un capello color biondo birra con cui ormai abbiamo imparato a familiarizzare. Donald Trump è tornato a vincere, anzi a stravincere, col sostegno dei supporters di casa, e a riprendere il suo volo sicuro e predatorio verso la Casa Bianca con i colori repubblicani.
Al bilionario è andato infatti il 61,0% dei suffragi e altri 89 delegati; il povero Ted Cruz, protagonista di una coraggiosa ripresa nei caucus e nelle primarie scorse, al contrario non ha potuto gustarsi neanche le briciole: 15% dei voti e (la cosa più importante per Trump) zero delegati. Che sono ora un totale di 845 per Donald il Terribile (ne mancano 392 all’investitura ufficiale del partito), mentre Cruz ne conta a suo favore più di trecento in meno (559).
Per tutti, democratici e repubblicani, il prossimo appuntamento delle primarie è fissato al 26 aprile prossimo: un altro Super Tuesday, con ben quattro Stati coinvolti nel voto lo stesso giorno (Connecticut, Delaware, Maryland e Pennsylvania).