Super partes, ma con un identikit preciso in testa.
Joe Biden, il vicepresidente Usa dell’era Obama, l’uomo che, se soltanto avesse voluto (almeno quanto lo voleva lo stesso Obama), avrebbe potuto diventare il candidato n. 1 alla successione del “Change Man” in campo democratico, si mantiene coerente a quel basso profilo che si è autoimposto ed evita di distribuire pagelle e giudizi ai colleghi democratici che, al contrario, hanno scelto di puntare alla conquista della Casa Bianca.
Però, da obamiano di stretta osservanza (e teniamo a sottolineare che obamiano nel nostro contesto è usato nella più larga accezione di “incline o orientato al cambiamento in quanto opportunità storica”), Biden non può non avere in testa un concetto chiaro. Consumatasi l’esperienza del primo presidente nero della storia degli Stati Uniti, un’esperienza di cui, al di là di tutto, non si può negare l'epocale importanza, il solco “obamiano”, appunto, potrebbe essere percorso soltanto da un rappresentante di un’altra minoranza etnica Usa oppure da un’esponente dell’altro sesso.
Insomma, pensa Biden (e lo ha dichiarato in una recente intervista per un sito online, Mic.com), l’Ameria è “pronta per una donna” al comando. Può essere lei, Iron Lady Hillary? Se si scende sul terreno dei nomi, Biden giustamente svicola, osservando, in modo molto politically correct, come sia Sanders che la Clinton siano “ugualmente qualificati” per la presidenza, ma di certo quando parla di una donna non pensa a Geena Davis, carismatica inquilina della Casa Bianca e “Commander in Chief “, però solo per fiction.