Ricapitoliamo.
Anzi, guardiamo le cose in modo sinottico. Negli Usa abbiamo una Iron Lady che, nella sua corsa alla Casa Bianca, al momento si trova schiacciata da un trend elettorale negativo perdurante da ben sette tappe delle primarie. E tutto questo dopo essere passata (quasi) indenne da un imbarazzo non di poco conto, il mail-gate, che minacciava di tagliarle le gambe prima ancora che le primarie avessero inizio.
Un po’ più giù, in Brasile, un’altra Iron Lady sta passando i suoi guai per una vicenda di bilanci truccati e soprattutto a causa degli strascichi del Petrobras-gate, una storiaccia di corruzione che ha bruciato tanto lei quanto il suo mentore, il “venerabile” Lula. E la minaccia dell’impeachment, che era nell’aria già da un po’, ma che Dilma sembrava aver scaraventato lontano con i suoi artigli possenti (ricordiamo la battaglia legale culminata nel dicembre 2015 con la decisione della Corte suprema di rigettare la procedura del Congresso perché irregolare), subito dopo Pasqua è tornata a far capolino.
Si torna alla carica, insomma, contro l'amata-odiata delfina di Lula: oggi è stato celebrato per la seconda volta l'antefatto, in attesa del fatto che dovrebbe avvenire di qui a pochi giorni. Con 38 voti a favore e 27 contrari, infatti, la Commissione speciale della Camera dei deputati brasiliani ha deciso oggi la praticabilità della procedura finalizzata alla destituzione della presidenta. La differenza col primo tentativo, quello di dicembre, è che tutto è stato fatto col voto palese, e non segreto: er stata la corte stessa a astabilirlo, bocciando il paleo-impeachment.
Quanto è stato votato andrà ora al vaglio della sessione plenaria della Camera, che entro domenica prossima dovrà decidere, con la maggioranza dei due terzi, la convalida della messa in stato di accusa ai danni della Rousseff. Se convalida ci sarà, il sentiero delle lacrime per la Joana d'Arc da subversão (“Giovanna d’Arco della sovversione”, un vecchio soprannome di Dilma) si inerpicherà in direzione del Senato.
"Credo che ogni tentativo di usare le accuse secondo cui il Presidente avrebbe violato la legge per coprire un buco di bilancio come base per chiedere l’impeachment rappresenti un golpe", aveva dichiarato la Rousseff pochi giorni prima del voto parlamentare. Oggi come a dicembre, naturalmente, non sono mancati i suoi sostenitori pronti a scendere in piazza.