No netto e senza batti-quorum.
Ė quello che sancisce il risultato del referendum svoltosi in Olanda (presidente di turno del Consiglio Ue) a proposito dell’accordo Unione europea-Ucraina. I no sono stati il 62%, i sì soltanto il 38%: questi i dati riportati da De Telegraaf, il principale quotidiano di Amsterdam, che si basa su una copertura pari al 60% dei suffragi scrutinati.
Sin dalle prime proiezioni, come conferma l’Anp (Algemeen Nederlands Persbureau), l’agenzia di stampa olandese, non ci sono mai stati dubbi sul fatto che sarebbe stata raggiunta, e superata, la soglia minima di affluenza alle urne, stabilita al 30%, per rendere valida la consultazione. Alla chiusura dei seggi, infatti, si è registrata una partecipazione del 32%.
Ma perché nel paese dei tulipani si è votato a proposito dell’accordo tra l'Unione dalle 28 stelle e Kiev? Il referendum era stato indetto dal governo dopo che nei mesi scorsi un gruppo di attivisti euroscettici aveva lanciato una petizione online, capace di superare in poco tempo le 400mila firme. Ė bene comunque ricordare che, soltanto un anno fa, nel 2015, il Parlamento olandese, in linea con gli altri ventisette paesi membri dell’Ue, aveva ratificato gli accordi con l'Ucraina. Dunque è un passo indietro brusco, ineccepibile, che imbarazza non poco l’esecutivo liberal-conservatore guidato da Mark Rutte.
Geert Wilders, deputato di estrema destra, interpreta il no degli olandesi come “una mozione di sfiducia del popolo contro le elite di Bruxelles e dell'Aia “, un rifiuto “dell’elite europea e non del trattato con l'Ucraina”, e questo può costituire, a suo parere, “l'inizio della fine dell’Ue»”. Ora lo sguardo di Wilders si proietta oltre i confini dell’Olanda: alla Gran Bretagna, dove a giugno ci sarà il decisivo referendum sul Brexit. Il leader del Partito della Libertà spera davvero che il fatidico 6 aprile olandese possa innescare un irresistibile “effetto domino”.