L’ospitalità non è della Libia.
O almeno non è della Libia di questi tempi. Il nuovo premier designato (non dai libici) Fayez Al Serraj arriva via mare, come un pirata buono, e ad accoglierlo non trova amichevoli corone di fiori hawaiane, ma neppure ingannevoli palme gerosolimitane.
Quantomeno non amano l’ipocrisia, da queste parti. Lo dimostra il capo del governo di Tripoli, Khalifa Gweil, che al nuovo rivale-collega ha rivolto un messaggio tv intimandogli di lasciare la capitale o di consegnarsi alle autorità locali. E non si è fermato a far ciò: ha anche proclamato lo stato di emergenza a Tripoli e ordinato il presidio armato, anche con mezzi blindati, delle sue principali arterie viarie.
La risposta dei filo-Serraj non si è fatta attendere. Già le prime dichiarazioni del premier amico dell’Occidente hanno messo chiaramente a nudo la sua volontà di usare il “pugno di ferro” per “riportare la calma nella capitale” e “accelerare la riconciliazione nazionale”, tuttavia non sembra che l’iniziativa di occupare gli studi di Al Nabaa, emittente televisiva vicina a Gweil, sia partita da Al Serraj in persona. Fatto è che, nel corso della mattinata, come riferisce il Libya Herald, uomini armati vicini al governo “benedetto” dalla comunità internazionale hanno fatto irruzione nella sede della tv tripolina suddetta, e ne hanno preso il controllo.
Di conseguenza, le trasmissioni sono state interrotte e il personale evacuato. A dare la notizia del blitz sono stati gli stessi giornalisti di Al Nabaa, quelli, naturalmente, che erano presenti al momento dell’occupazione. Secondo la loro testimonianza, gli uomini del commando li avrebbero invitati ad uscire dicendo che “non avevano più niente di utile da fare lì dentro”. Non ci sono stati scontri né feriti, almeno davanti e dietro le telecamere dello studio tv. È in mezzo alle strade, semmai, che spari se ne sentono sempre di più.