Non prima dell’agosto 2018.
Nessuno sconto, nessuna illusione di poter avere agevolazioni in senso accelerante. La sentenza-scadenza è scritta, per i marò. Si tratta della data prevista per la fine della procedura arbitrale tra Italia e India: quella che, naturalmente, riguarda la giurisdizione sullo spinoso caso Latorre-Girone.
A spostare, per l’ennesima volta, i termini ultimi per la conclusione di un tormento (umano, ma anche politico, ma anche giudiziario) che sembra infinito ci ha pensato, lunedì 18 gennaio, il Tribunale arbitrale dell’Aja che, nel corso della prima riunione procedurale del nuovo anno, ha definito un calendario che non lascia scampo. Calendario pubblicato due giorni dopo, quando l’Ansa ne ha dato notizia.
Capitolo rientro in Italia di Salvatore Girone: nel corso della stessa riunione, la corte arbitrale è addivenuta alla decisione di “concedere” una finestra speciale per discutere la questione, messa sul tavolo del tribunale olandese il 12 dicembre dello scorso anno. Se ne parlerà, hanno fatto sapere i giudici, nell’udienza del 30-31 marzo prossimi. La richiesta, come è noto, è quella di ottenere il rimpatrio di Girone e la sua permanenza in Italia per l’intero periodo dell’iter arbitrale.
A differenza del suo collega di sventura, il tarantino Massimiliano Latorre, tornato in Italia sin dal settembre 2014 a causa delle sue gravi condizioni di salute, il fuciliere barese, da quando è iniziata l’odissea processuale relativa ai fatti dell’Enrica Lexie (parliamo del 2012), è sempre rimasto in India. La scorsa estate una febbre dengue rischiò di compromettere seriamente la sua salute.
Al di là di come di quanto si evolverà ancora la vicenda, la cosa importante, dice il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, è che “entrambi i marò stiano in Italia”.