Nei momenti difficili Napoleone soleva dire: si è persa una battaglia, ma non la guerra.
Sono le parole che, in queste ore, Barack Obama sta cercando di ripetersi tra sé e sé, dopo lo smacco inflittogli dai repubblicani nella prima seduta del Congresso per il 2016. I conservatori, infatti, mercoledì 6 gennaio gli hanno dato scacco su una delle riforme a cui il Presidente tiene di più in assoluto, quella della riforma sanitaria; e lo hanno fatto approvando una legge che revoca l’Obamacare, entrato in vigore nel 2010 al termine di un iter appassionato che aveva avuto inizio praticamente all'alba dell’era obamiana (2009).
Allora, però, gli equilibri del Congresso erano sostanzialmente diversi, e senz’altro più agevoli per le manovre della Casa Bianca. Ieri, invece, 240 voti favorevoli al testo abrogativo, 181 contrari: sull’Obamacare, si può dire, non si finisce mai di votare. Era la sessantaduesima volta che il Parlamento Usa si riuniva per pronunciarsi in materia, e si può scommettere che dovrà occuparsene ancora. Il nodo insormontabile resta sempre il solito: la costituzionalità della riforma. E non sono bastate due sentenze della Corte Suprema, una dell’estate 2012 l’altra di questa estate, per dirimere la questione.
Si può scommettere che non finirà qui per una ragione semplice: è facile immaginare la mossa con cui risponderà il Presidente. Sceglierà , appare ormai chiaro, di opporre il suo veto, e dunque di rispedire la legge sfiducia-riforma al voto della Camera dei rappresentanti e del Senato, oppure di lasciarla in stand-by, per i canonici dieci giorni, confidando che nel frattempo possa maturare una situazione parlamentare più propizia (in realtà puntando sul fatto che allo scadere del 10° giorno il Congresso non sia convocato, sicché il testo decadrebbe in modo automatico). Non sarebbe la prima volta che Obama usa la potestas vetiti nei tempi più recenti.
Lui, infatti, che non si può certo definire un recordman in questo tipo di pratica, ha fatto registrare un’impennata in tal senso nell’ultimo anno, quando l’ha utilizzata per ben due volte, dopo che nei precedenti sei anni della sua amministrazione era ricorso ad essa in una sola circostanza, nell’agosto 2013, per revocare un blocco delle vendite dei prodotti Apple. Si è servito nuovamente del veto a febbraio del 2015, per bloccare la costruzione di un oleodotto che doveva servire al trasporto del petrolio dal Canada al Nebraska, e poi ad ottobre, contro la legge riguardante le spese per la Difesa Nazionale. Ora, in difesa della riforma che vale un’intera presidenza, è pronto a calare nuovamente il suo asso nella manica.