La bara bianca con i fiori bianchi, rosa e celesti e nastrini rossi sugli abiti degli amici, grido muto contro i femminicidi. Oggi a Castelfranco Veneto è il giorno dei funerali di Vanessa Ballan, la 26enne incinta di tre mesi, uccisa a coltellate, il 19 dicembre, nella sua abitazione nel trevigiano da Bujar Fandaj, 41enne kosovaro che lei aveva denunciato per stalking.
A seguire l'ingresso del feretro il marito Nicola, i genitori e gli amici più cari. All'interno del duomo, tra i molti conoscenti e amici, anche il governatore del Veneto Luca Zaia.
“La vita è stata travolta da una tragedia che non ha senso. Troppo grande quello che è successo, è al di fuori della più pessimistica previsione". "Non c'è un motivo al mondo che giustifichi questo atto, questa violenza. Non c'è mai. Non c'è sicuramente nel caso di Vanessa - ha aggiunto - e della creatura che portava in grembo. Non c'è un senso nella sua brutale uccisione. Questo è il male. E con il male non possiamo, non abbiamo il diritto di venire a patti". Monsignor Tomasi ha chiesto "il silenzio dai clamori e dalle curiosità ma mai della ricerca della giustizia - ha ribadito - e nemmeno il silenzio nell'impegno per una civiltà che rifiuti nelle parole, negli atti e nei fatti la violenza sulle donne, e che superi finalmente la follia di voler possedere una persona, o di volerne determinare con la violenza le scelte e le decisioni".
“Ricordiamo Vanessa col sorriso, resta stampato in tutti noi. Ricordo quando è rimasta incinta, sperava tanto di avere questo bambino”, racconta fuori dal duomo, una collega della vittima. Il suo assassino “passava al supermercato - racconta la ragazza - ma faceva anche la spesa, era un cliente abituale. L’ho visto sabato l’ultima volta. La cercava. Avevamo paura, perché si vedeva dalla faccia, è uno di cui non ti fidi già dallo sguardo”. “Se avessimo potuto far qualcosa - dice con gli occhi lucidi - lo avremmo fatto. Ma Vanessa non ci aveva detto nulla. Se lei ci avesse chiesto anche di denunciare, lo avremmo fatto. E tanto, pure se lo avessimo fatto, magari non serviva. Abbiamo tanta rabbia - dice - perché non doveva succedere. Mi chiedo ancora a cosa servano le leggi”.