«Tre persone erano in sciopero della fame, 44 hanno usato bombolette del gas o lenzuola, 53 sono morti per altre cause: dall'inizio dell'anno a oggi, sono cento le persone per le quali la pena del carcere è stata una pena di morte» sottolinea l’associazione Voci di Dentro, da anni impegnata nelle carceri e che pubblica anche l’omonima rivista a cui collaborano detenuti di diversi carceri. I suicidi e le condizioni di sopravvivenza negli istituzioni detentivi italiani che è tornata d’attualità nei giorni scorsi. Anche in provincia di Chieti dopo quanto avvenuto nella Casa Lavoro di Vasto.
«Una pena di morte in un paese dove era stata bandita nel 1889 (con l’eccezione nel periodo fascista) e nei fatti cinicamente reintrodotta nel silenzio generale all’interno di strutture escluse da ogni controllo democratico e dove domina un sistema dispotico – dichiarano gli attivisti dell’associazione in un comunicato stampa - strutture che sono diventati luoghi di segregazione di persone sofferenti, vittime di disagi sociali ed economici e resi dipendenti da farmaci e sostanze. Persone alle quali sono stati tolti i diritti fondamentali di ogni persona come il diritto alla salute, il diritto alla parola». Vittime sono state le ottantasei persone morte suicide lo scorso anno, «nient’altro che vittime ignorate prima di finire in carcere e ignorate dopo, dentro quelle celle fatiscenti e putride dove la pena è privarle di affetti, amori, lavoro, e infine della vita stessa» afferma Voci di Dentro ricordando che quasi un anno fa, a settembre, sulla copertina della rivista fu titolato «non chiamateli suicidi» riferendosi « al caso di Donatella Hodo trovata senza vita a Montorio». Voci di Dentro torna a ribadire lo stesso concetto oggi: «non sono suicidi, troppo facile imputare tutto alla soggettività , quando ci sono evidenti, chiare e precise responsabilità : nelle morti in carcere c’è uno Stato che non ha rispettato le leggi e non ha rispettato la Costituzione».
Anche in questi giorni «fioccano le solite frasi di circostanza» e «mentre politici e ministri riciclano vecchie e inutili idee (addirittura le caserme) il tempo passa e nulla cambia se non la solita chiacchiera e propaganda: ennesima conferma che il carcere è solo luogo concentrazionario e di segregazione» in cui «si muore perché il sistema carcere (ricordiamolo, a monte c’è sempre un codice Rocco del 1930 e un sistema penale rimasto carcerocentrico) questo produce: cioè, trasforma migliaia di persone in devianti, poi in criminali da incarcerare, quindi in psichiatrici anche loro da incarcerare» sottolineano gli attivisti dell’associazione. «Tre persone erano in sciopero della fame, 44 hanno usato bombolette del gas o lenzuola, 53 per altre cause … per tutte le altre 57 mila persone detenute, il carcere è pena alla sofferenza... fino alla morte» conclude il comunicato Voci di Dentro.