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AFRICAN FASHION GATE

AFRICA. NUOVE TENDENZE E NUOVE FRONTIERE DELLA MODA

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La moda in Africa è uno dei settori creativi in maggiore fermento, superato forse solo da quello della musica. Dai primi anni 2000 a oggi, in tutto il continente nero, il numero dei designer, delle modelle e delle sfilate è cresciuto sempre di più, anno dopo anno.  Un fenomeno che coinvolge la quasi totalità dei Paesi sub-sahariani, con Nigeria, Sud Africa, Senegal, Tanzania e Kenya a fare da traino. Ma nonostante siano i Paesi più pacifici o economicamente più sviluppati a fornire le realtà più attive, si può tranquillamente dire che ogni singolo Paese africano può vantare una sua «fashion week». A Lagos sono diventate addirittura tre: quella organizzata da Arise Magazine - la rivista africana più importante su moda e bellezza - ha ospitato più di 51 designer e 80 modelle, provenienti da tutto il continente. Una rivoluzione di stile, che è figlia della crescita economica raccontata nei dati della Banca Mondiale: sette delle 10 nazioni in maggiore sviluppo al mondo sono africane. Questo ha permesso la nascita di una nuova middle class, che nei grandi centri urbani lavora, consuma, crea e sostiene questo tipo di mercato. Grazie alla Swahili Fashion Week, altri stilisti hanno avuto modo di crescere e di emergere. Uno dei casi più interessanti è quello di Gabriel Mollel, un Masai che ha saputo portare i colori della sua tradizione nel design contemporaneo. Dal workshop nel mercato di Makumbusho a Dar, Gabriel esporta le sue calzature fino in Olanda e reinveste parte dei suoi proventi aiutando la comunità Masai.


Un altro esempio di fermento della moda africana in grado anche di influenzare gli stilisti  italiani proviene da Dakar. Un esempio significativo è quello di AFRICAN FASHION GATE, un network etico che si estende dall’Africa dell’Ovest al Sud Africa fino a giungere infine in Europa nominando punto di riferimento geografico Dakar e RomaA segnalarne la sua rilevanza al pubblico  è  VOGUE Italia di novembre.  La sua «mission», dichiara Emanuele Silvestri, project manager di AFG è  non soltanto fornire formazione professionale e  una rete commerciale per i designer e gli artigiani africani, aiutando le comunità svantaggiate ma anche quella di rivendicare nelle sede istituzionali e governative  la disparità nella Moda tra modelle nere e modelle bianche.  AFRICAN FASHION GATE, che ha presentato i suoi prodotti e imposto le sue modelle nere in tutte le fashion week europee,  è solo uno dei tanti mercati più o meno virtuali che grazie al web riescono a raggiungere meglio i clienti europei.
Nicola Paparusso, fondatore e segretario generale di questo movimento culturale e fashion director, a tal riguardo precisa:
“Dove nascono le tendenze? C’è chi propende per le grandi metropoli, chi pensa che nascano direttamente negli atelier, o chi invece parla di "alchimia controcorrente", indicando la strada e la gente comune come la vera origine di trend e mode. Non solo. Grazie alla globalizzazione, e alla possibilità di raggiungere virtualmente l’altro capo del mondo in un attimo, anche quei Paesi sinora esclusi dal processo creativo perché troppo lontani o legati a una situazione socio-politica difficile, si sono rivelati una fonte di spunti sempre più originali, e in cima alla classifica c'è senza dubbio l’Africa. Un continente enorme di oltre 30 milioni di km quadrati, multisfaccettato, con una storia spesso difficile e drammatica; un luogo misterioso, e quindi irresistibile. E oggi è proprio da qui che i creativi sono partiti. African Fashion Gate sta cogliendo  l’opportunità di aprire negozi online e di usare Milano o Londra come punto di collegamento per espandersi in Europa. Anni fa molti dei clienti che nel vecchio continente compravano capi di stilisti africani, erano emigrati della diaspora o seconde generazioni. Oggi, mentre le opere sono sempre più contemporanee, il gusto degli europei scopre le loro creazioni, diventando clienti o co-creatori.”
Uno dei primi designer italiani a portare in passerella una collezione ispirata al Continente Nero è stato il napoletano  Tony Fiume, meglio conosciuto col nome del suo marchio Roi Riviere e soprannominato Xuly Bët che in Wolof, la lingua del Senegal, significa “mantieni la mente aperta”. Dopo aver lasciato la sua famiglia che da trent'anni produce le scarpe per Ferragamo,  nel 2016 lancia la sua collezione, decisamente “open minded” e innovativa: la sua abilità nel riciclare i tessuti che trova nei mercati di Dakar  e nel trasformarli in patchwork coloratissimi è vincente. Lui si ispira ai grandi couturier come Azzedine Alaïa e Yves Saint Laurent, unendo materiali e cromie dell’Africa contemporanea, senza dimenticare gli anni Settanta del punk rock e del funk. Il risultato sono calzature e accessorii di coloratissimi tessuti wax e di pelle, ricami fatti a mano e volumi enfatizzati. Un Made in Italy realizzato e prodotto in modo etico e sostenibile: i ricami e i tessuti dipinti, per esempio, vengono commissionati alle donne africane in cambio di un salario equo e condizioni di lavoro dignitose. Nessuno prima di lui lo aveva fatto.

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