Da sedici anni i candidati alla Maturità, dopo il tema e il secondo scritto e prima degli orali, devono vedersela con la terza prova “su carta”.
Il quizzone è stato infatti una delle tante novità lanciate dalla decisiva riforma dell’Esame di Stato varata nel 1999 dal ministro Luigi Berlinguer: e si è conquistato presto la fama di prova-spauracchio.
In base al dettato berlingueriano, le prime due prove della “triade” sono nazionali, la terza, invece, ossia il super-questionario, viene decisa dalle singole commissioni. Nel 2002 il ministro Letizia Moratti cercò di operare una revisione a questo schema, proponendo che la definizione e la formulazione del tema e del secondo scritto passassero sotto la giurisdizione delle singole scuole, mentre il quiz fosse ideato, riveduto e corretto in base ai parametri dell’Invalsi, l’Istituto Nazionale di Valutazione del Sistema Scolastico.
Tuttavia la sua iniziativa non ha avuto fortuna. E così anche nel 2015, dopo che, nel grande pranzo della Maturità, sono già stati serviti i menu delle prove scritte di italiano e di quelle specialistiche in base agli indirizzi, validi per tutte le latitudini del Belpaese, sarà il manipolo di esaminatori, diverso scuola per scuola, a scegliere la tetrade o la cinquina delle materie sulle quali verranno imbastite le domande.
La concezione dell’ormai tanto temuto quizzone avviene così: la commissione (che è composta da un numero di docenti che oscilla tra i sei e gli otto) si riunisce preliminarmente per stabilire il niumero delle materie su cui verteranno la domanda, dopodiché i docenti che, per la loro area di insegnamento, sono direttamente chiamati in causa in quel novero, possono proporre due domande a testa. Alla fine se ne sceglie una per ciascun proponente. Debutto assoluto per la materia insegnata in lingua straniera.
Agli studenti il compito di rispondere (esattamente) al maggior numero di domande possibile in tre ore, cioè in un tempo assai minore di quello messo a disposizione per lo svolgimento del tema e della seconda prova scritta. Forse è anche per questo che il questionario è diventato un babau per gli studenti.