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Trova le differenze

In tutta Italia si moltiplicano le occupazioni di strade e vie di comunicazione da parte di chi vuol far sentire le proprie ragioni ma non ha megafoni.

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Molti di noi hanno ammazzato il tempo giocando a trovare le differenze tra immagini simili ma non identiche. Nel caso specifico le due immagini mostrano il blocco di una via di comunicazione, che potrebbe essere un'autostrada, un'arteria ferroviaria, i binari di una metropolitana o altro, da parte di chi protesta per attirare l'attenzione dei mass media nei confronti del loro problema. Attraverso il coinvolgimento dei media si cerca di sensibilizzare una fetta di popolazione altrimenti distratta e solitamente focalizzata unicamente al proprio quotidiano. 

Ovunque attuata, questo tipo di protesta attira tanto l'attenzione dei media quanto le imprecazioni dei fruitori di quella via di comunicazione.  Dipendenti che faranno tardi al lavoro, commesse che rischiano di saltare, attività che apriranno in ritardo avvantaggiando la diretta concorrenza, incontri sfumati e sliding doors che non si apriranno. Tra insulti e nomi di santi sciolinati come fossero i calciatori della propria squadra del cuore, sommessamente gli artefici del blocco si scusano con le vittime dello stesso per il disagio arrecato e ribadiscono che quel metodo, per quanto risulti antipatico, sia l'unico in grado di dare visibilità alla loro protesta. A rendere una certa forma di giustizia sono i media che, oltre ad indicare i disagi del caso, informano, interessati e disinteressati, sulle motivazioni di quella protesta. Tale informazione serve non solo a giustificare eventuali ritardi ma anche, e soprattutto, assolve il duplice intendo di focalizzare l'attenzione su un problema evidentemente tralasciato e creare una certa osmosi tra manifestanti e chi subisce i disagi della manifestazione. 

Ebbene, nel cercare le differenze tra le due immagini bisogna andare oltre le stesse e guardare con attenzione alle reazioni che le due manifestazioni hanno generato nei media, nelle istituzioni e nei cittadini. Se ben conosciamo le reazioni che seguono uno sciopero ed una manifestazione di lavoratori italiani, quello che lascia sconcertati è la reazione, di tutti gli attori sopra elencati, nei confronti della protesta dei profughi “detenuti” nei centri di accoglienza. Salvo pochi e convinti distinguo, il coro scandito è stato “rispediteli a casa loro con i barconi”. Molti media non hanno neppure accennato ai motivi della protesta, molti cittadini, alcuni male informati ed alcuni in compiacente mala fede, hanno continuato ad ignorare i motivi della protesta ed i rappresentanti delle istituzioni più che della cosa pubblica si sono preoccupati del “riscontro elettorale” del pubblico. In questo caso, per farla breve, la differenza non la fanno le bandiere o il colore delle stesse ma il semplice colore della pelle dei manifestanti. Quindi il colore della pelle è stato un'aggravante per chi protestava ed una discriminante per i motivi della protesta.

Siccome, come diceva Moretti, le parole sono importanti, questo atteggiamento di insofferenza, pregiudizio e discriminazione verso persone che si identificano attraverso la loro regione di provenienza, cultura, religione ed etnia è correttamente e comunemente identificato come razzismo e razzista è colui che con disinvoltura lo perpetra. Altra differenza che l'immagine non rende è definire “nostri ospiti” i profughi che protestano. Mi sapreste dire quale cultura, presente o passata, contempli come forma di ospitalità il rinchiudere esseri umani incolpevoli in strutture tenute debitamente isolate dalla comunità che li dovrebbe “ospitare”?. A Venezia fu coniato il termine “ghetto” per identificare  un'area nella quale persone considerate di un determinato retroterra etnico, o unite da una determinata cultura o religione, vivono forzosamente in gruppo in un regime di reclusione più o meno stretto. Se le parole sono importanti... non chiamatela ospitalità.

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