GENOVA - Era il 21 luglio 2011, stava concludendosi un G8 caratterizzato da tafferugli e scontri quando avvenne quello che la Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo ha classificato come 'tortura'. Nel corso di quella sera le forze dell'ordine entrarono nelle scuole Diaz, Pertini e Pascoli divenute, in quei giorni, il centro di coordinamento del Genoa Social Forum. Furono fermati 93 attivisti, 61 furono i feriti furono trasportati in ospedale, di questi tre in prognosi riservata e uno addirittura in stato di coma.
La condanna che giunge oggi, a quasi quattordici anni di distanza, è rivolta non solo agli agenti finiti sotto accusa ma anche alla legislazione italiana che non ha potuto incriminarli giacché non prevede misure adeguate a sanzionare la tortura. Tutto l'iter giudiziario che ha coinvolto la Corte dei Diritti Umani è cominciato dalla denuncia di Arnaldo Cestaro, vittima di quelle stesse perquisizioni.
All'epoca dei fatti l'uomo aveva 62 anni ed ha sempre affermato di essere stato brutalmente picchiato tanto da dover subire delle operazioni di cui ancora oggi porta i segni. Cestaro, attraverso il suo legale Nicolò Paoletti, ha sempre sostenuto che i colpevoli di quegli atti avrebbero dovuto ricevere una pena esemplare mai notificata proprio perché le leggi del nostro Stato non prevedono il reato di tortura o qualcosa di similare.
Tuttavia la Corte europea dei Diritti Umani ha dato pienamente ragione all'uomo non limitandosi solo a riconoscere come tortura il trattamento inflitto agli occupanti delle scuole. Al contrario la sentenza dei giudici prevende anche una condanna al sistema legislativo italiano perché, secondo loro, i responsabili non sono mai stati puniti proprio a causa della mancanza del Reato di tortura, pertanto le leggi stesse dovranno essere modificate. Infine da Strasburgo è stato comunicato che la mancanza di determinati reati non permette allo Stato di prevenire il ripetersi di possibili violenze da parte delle forze dell'ordine.