https://italiait.it/2024/10/commissum-misfatto-nessun-errore-di-benedetto-xvi-nella-declaratio/
Andrea Cionci
28 Ottobre 2024
Ci sono voluti quattro anni di inchiesta per giungere alla più sconvolgente acquisizione sulle “dimissioni” di Benedetto XVI che, come già indagato insieme ai latinisti Corrias, Funari e Mosetti-Casaretto, non era affatto un’abdicazione, ma un annuncio di prossima sede impedita.
Tuttavia, mancava un tassello-chiave, che, secondo la nostra ultima traduzione dal latino dell’unico testo originale, ribalta di 180° questa dichiarazione svelandola come una vera e propria DENUNCIA DEI COLPEVOLI.
Come molti ricordano, la Declaratio dell’11 febbraio 2013 di papa Benedetto fu pubblicata dal sito vaticano con un refuso (hora 29.00) e due grossolani errori di sintassi che furono rilevati da Luciano Canfora su Il Corriere della Sera: ecclesiae vitae e ministerio … commissum renuntiare. Questi vennero poi subito dopo corretti sul sito con ecclesiae vita e ministerio … commisso renuntiare.
Criticò questi errori anche il filologo tedesco Wilfried Stroh, in Germania, e il cardinale Gianfranco Ravasi, alcuni mesi dopo su “L’Arena” di Verona.
In realtà, di questi tre errori, Benedetto XVI ne pronunciò realmente solo uno, davanti al Concistoro: “commissum”. Gli altri due non li ha mai letti e quindi, dato che non si dispone dello scritto originale, l’unico testo da prendere in considerazione, secondo la corretta procedura giuridica, è quello letto dal Papa.
In sintesi, l’unico errore che ha davvero pronunciato Benedetto XVI è il COMMISSUM.
Tuttavia, nel volume “Ultime conversazioni” del 2016, il papa “emerito” rispose così a Peter Seewald, che gli chiedeva quando e come avesse scritto il testo della Declaratio.
“Avrei potuto scriverlo anche in italiano, ma c’era il pericolo che commettessi qualche errore”.
Ora, questa frase, dopo che, tre anni prima, in tutto il mondo, si era parlato di questi errori nella Declaratio, appare davvero strana e provocatoria. Nonostante la “brutta figura” fatta a livello internazionale, papa Benedetto, sommo conoscitore del latino, ribadiva convintamente di non aver fatto alcun errore nella Declaratio.
Ergo, visto che l’unico dei tre “errori” che lui aveva realmente pronunciato è il commissum, ciò significa che COMMISSUM NON È UN ERRORE.
Alcuni mesi fa, chi scrive ha raccolto l’input dell’avv. Costanza Settesoldi volto a sottolineare proprio il fatto che l’unico testo su cui ci si possa basare è quello pronunciato a voce da Benedetto XVI. L’Avv. Settesoldi, che non è digiuna di studi di latino e di teologia, ha elaborato una serie di diverse proposte per tradurre la frase con il commissum in un modo che potesse risultare del tutto corretta. Così, lo scrivente ha organizzato un gruppo di studio, oltre che con l‘avv. Settesoldi, anche con l’avv. Roberto Antonacci e i qualificatissimi latinisti Gian Matteo Corrias (già editore delle opere di Lorenzo Valla) e Rodolfo Funari (massimo traduttore di Sallustio).
Dopo decine di esperimenti e di tentativi, per capire come quel commissum potesse essere corretto, oggi, in esclusiva mondiale, sulle pagine di questo piccolo giornale online (visto l’ostracismo totale e sempre più asfissiante del mainstream) possiamo rivelare qual è l’unica, drammatica traduzione possibile che contempli lecitamente il commissum.
Intanto vediamo come il testo corretto abusivamente con commisso = “affidato” venne tradotto dal sito vaticano.
“Quapropter bene conscius ponderis huius actus plena libertate declaro me ministerio Episcopi Romae, Successoris Sancti Petri, mihi per manus Cardinalium die 19 aprilis MMV COMMISSO renuntiare ita ut a die 28 februarii MMXIII, hora 20, sedes Romae, sedes Sancti Petri vacet et Conclave ad eligendum novum Summum Pontificem ab his quibus competit convocandum esse”.
“Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me AFFIDATO (commisso) per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice”.
Ed ecco l’unica versione possibile, secondo il prof. Corrias, confermato dal prof. Funari in cui lo stesso testo può essere tradotto mantenendo il COMMISSUM pronunciato da Benedetto XVI:
“Per cui ben consapevole del peso di quest’atto dichiaro in piena libertà di rinunciare a mio danno (mihi) al ministero di vescovo di Roma, successore di San Pietro, a causa del misfatto (per…commissum) di un manipolo (manus) di Cardinali nel giorno 19 aprile 2005, così che dal giorno 28 febbraio 2013, all’ora ventesima, la sede di Roma, la sede di San Pietro resti vuota, e (dichiaro) che debba essere convocato un conclave per l’elezione di un nuovo Sommo Pontefice da parte di costoro a cui compete”*.
Questa è, dunque, la soluzione di uno dei più grandi busillis della storia: infatti, commissum, all’accusativo, significa anche “misfatto”.
Una semplice dichiarazione, spacciata per 11 anni come abdicazione dopo essere stata oggetto – da parte del card. Tarcisio Bertone e di Mons. Giampier Gloder – di non meglio specificate “precisazioni giuridiche” e “modifiche nello stile” (come testimoniato da Peter Seewald e Mons. Georg Gaenswein) era in realtà una DENUNCIA DELLA MAFIA DI SAN GALLO, il manipolo di cardinali che fin dal 2005 sponsorizzava Bergoglio (per ammissione del card. Godfried Danneels) e rendeva la vita impossibile a papa Ratzinger. Significativo quanto affermò Mons. Gaenswein nel 2016: Ratzinger era stato eletto “dopo un drammatico scontro”, con il Gruppo di San Gallo.
Perché una normale elezione papale dovrebbe essere un “drammatico scontro”? Lo stesso Gaenswein usava le parole di Benedetto XVI definendo questa Mafia di San Gallo sostenitrice di “una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”.
Fin dalla sua elezione, questo gruppo di cardinali ultramodernisti, in odore di gnosticismo e massoneria, evidentemente non aveva accettato l’elezione di Ratzinger e aveva cominciato a rendere impossibile a papa Benedetto il governare, cioè amministrare quel ministerium al quale lui al quale lui a un certo punto decide di rinunciare perché, come disse nella sua ultima lettera a Seewald, non era “più in grado di ESERCITARE l’ufficio di rappresentante di Cristo sulla terra”. Benedetto si arrende, così, alla convocazione di un conclave abusivo per l’elezione di un “nuovo” Sommo Pontefice. Questi sarà, tuttavia, un antipapa, un patriarca scismatico suo successore illegittimo: Jorge Mario Bergoglio, in arte Francesco.
Così, Benedetto lascia la sedes Romae (l’appartamento apostolico di Roma, per recarsi a Castel Gandolfo) e la sedes Sancti Petri, cioè la cattedra di San Pietro in San Giovanni in Laterano, da cui il papa trae il suo potere pratico, il suo ministerium. Così come anche fecero Carlo I d’Asburgo e re Umberto II di Savoia, papa Ratzinger non ha mai abdicato, ha solo lasciato fisicamente la sua sede. E se viene eletto un altro papa mentre il precedente non è abdicatario, questi diviene antipapa e destinato alla nullità.
Gli altri errori di latino che compaiono nella Declaratio, nonostante la Segreteria di Stato di allora avesse avuto tempo dal 7 febbraio fino al 10 per correggere il testo e preparare le traduzioni, appaiono quindi come chiari elementi di depistaggio, per stornare l’attenzione pubblica dall’unica incoerenza fra testo verbale e scritto: il commissum variato come commisso.
Si spiega perfettamente anche perché nelle traduzioni nelle varie lingue volgari, il munus e il ministerium siano stati omologati con la stessa parola “Ministero” e perché in tedesco il Munus-Amt e il Ministerium-Dienst siano stati scambiati di posto, per forzare la Declaratio nel senso di una valida abdicazione.
La Declaratio di Benedetto XVI è un capolavoro assoluto, non solo di latino e strategia canonica, ma anche di insegnamento teologico. Il Vicario di Cristo ha “deposto le vesti”, come Cristo; come nel Padre nostro ha “indotto in tentazione” – cioè messo alla prova – i suoi nemici, proponendo un testo che, con qualche piccola manipolazione, avrebbe potuto essere spacciato per un’apparente abdicazione.
I sangallisti avrebbero potuto dire la verità, od optare per il colpo di stato. Hanno scelto molto male, puntando sulla “confisca” dei media e pensando “tanto, chi andrà mai a controllare il latino?”
Alla fine qualcuno è andato a controllare e i nodi sono venuti al pettine. Ormai è finita: sempre più sacerdoti, come da ultimo don Fernando Cornet e il teologo carmelitano Padre Giorgio Maria Faré, stanno testimoniando questa verità, basandosi sulla nostra inchiesta. Inoltre, c’è già un’istanza depositata dallo scrivente presso il Tribunale vaticano il 6 giugno scorso e una petizione al collegio cardinalizio pre 2013 già depositata l’8 novembre 2023.
Anche l’exit strategy di un possibile funerale simulato è stata scoperta con anticipo e denunciata oggi stesso, da chi scrive, agli organi competenti: Segreteria di Stato, Gendarmeria e Guardie Svizzere.
Si chiuda, dunque, l’antipapato gnostico-massonico: si faccia giustizia e i cardinali di nomina pre-2013 rimasti cattolici procedano immediatamente, rispettando l’art. 3 della Universi Dominici Gregis, a convocare un nuovo legittimo conclave per eleggere il valido successore di Benedetto XVI.
NOTE
- Spiega il prof. Gianmatteo Corrias: “Nonostante la sintassi non sia oggettivamente delle più limpide, occorrerebbe partire dal presupposto concettuale, già dimostrato, che Ratzinger ha inteso costruire un testo anfibologico, nel quale dietro la facies di un’apparente valida abdicazione ha inteso non solo formulare un annuncio di sede impedita con la dichiarazione di rinuncia al ministerium, ma anche con tutta probabilità alludere alla responsabilità dei nemici interni dalla cui azione è scaturita la necessità dell’attuazione di questo piano.
Sia come sia, la traduzione proposta, sebbene congetturale, è non solo possibile sul piano grammaticale, ma di fatto legittimata dall’uso latino. In particolare
- commissum può essere inteso come accusativo del sost. n. commissum, -i (“misfatto”) in dipendenza da per con valore causale (per cui cfr. Caes. Gall. 2, 16, 4: “per aetatem” = “a causa dell’età”, e Plaut. Aul. 131: “per metum” = “per paura”).
- mihi può essere inteso come dativo di svantaggio, ben attestato nell’uso latino in presenza di pronomi personali (cfr. ad esempio le interiezioni “ei mihi” = “ahimé”; “vae tibi” = “guai a te”, e Ter. Ad. 115: “Si quid peccat, mihi peccat” = “se fa qualche sproposito, lo fa contro di me”)”.
VERSIONE COMPLETA DELLA DECLARATIO (Traduzione Corrias-Funari)
Fratelli carissimi,
vi ho convocati a questo Concistoro non solo a causa delle tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza a vantaggio dell’esistenza della Chiesa. Dopo aver esaminato più e più volte la mia coscienza davanti a Dio, sono giunto alla consapevolezza certa che per il peso degli anni le mie forze non sono più adeguate ad amministrare l’ufficio (munus) petrino.
Sono ben consapevole che questo “munus”, secondo la sua essenza spirituale, debba essere reso esecutivo non solo con l’azione e la parola, ma altresì con la sofferenza e la preghiera. Tuttavia, nel mondo della nostra epoca soggetto a rapide trasformazioni e sconvolto da questioni di grande peso per la vita della fede, per governare la nave di San Pietro e per annunciare il Vangelo è necessario anche un certo vigore del corpo e dell’anima, che negli ultimi mesi in me è diminuito in modo tale, che devo riconoscere la mia incapacità ad amministrare bene il “ministerium” che mi è stato affidato.
Per cui ben consapevole del peso di quest’atto dichiaro in piena libertà di rinunciare a mio danno al ministero di vescovo di Roma, successore di San Pietro, a causa del misfatto di un manipolo (manus) di Cardinali nel giorno 19 aprile 2005, così che dal giorno 28 febbraio 2013, all’ora ventesima, la sede di Roma, la sede di San Pietro resti vuota, e dichiaro che dovrà essere convocato un conclave per l’elezione di un nuovo Sommo Pontefice da parte di costoro a cui compete.
Fratelli carissimi, vi ringrazio di tutto cuore per tutto l’amore e la solerzia con cui avete portato con me il peso del mio “ministerium”, e vi chiedo perdono per tutte le mie mancanze. Ora affidiamo la Santa Chiesa di Dio alla cura del suo Sommo Pastore, il nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo sua Madre Maria che assista i padri Cardinali nell’elezione del nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro vorrei servire di tutto cuore la Santa Chiesa di Dio con una vita dedicata alla preghiera.