È sufficiente aprire un giornale. Un qualsiasi giornale, per rendersi conto che giusto un 10% del totale dell’informazione non è dedicato a “notizie di distruzione”. E a Papa Francesco questo non sta bene. Ne risente la visione spirituale dei giovani, la loro formazione, e l’orizzonte di speranza della società.
“Che cosa succede all’uomo?”. La messa celebrata a Santa Marta il 17 febbraio, martedì grasso, è per il pontefice la cornice in cui sviluppare una riflessione sulla natura umana, e sulla straordinaria capacità che essa ha di poter orientarsi, ed essere orientata, tanto al bene quanto al male, in egual modo. Una riflessione che prende spunto dal racconto biblico del Diluvio universale. “Tutti siamo capaci di fare bene, tanto bene, e nello stesso tempo di fare il suo contrario, in una misura illimitata e terrificante”. La parola d’ordine è “Basta”. Basta ai produttori e ai mercanti di armi da guerra, basta agli “imprenditori della morte”, definizione che sembra rubata al Gesù furibondo in visita al tempio di Gerusalemme. Ma ce n’è anche per il primo anello della filiera dell’educazione, la famiglia: “Non è possibile crescere i figli annullandoli in una libertà che li fa perdere”.
L’angelo e il mostro coesistono in ognuno di noi: il problema è che, nel momento stesso in cui l’angelo pensa a un’umanità migliore, il mostro è già attivo nella realtà per essere devastante. Così, quando la riflessione deve, per forza di cose, cedere il passo all’attualità viva, a quel mondo dove la mostruosità umana dà plastica prova di sé, il papa non può far altro che invitare la comunità cristiana a stringersi nella preghiera: quella in favore delle anime degli “egiziani copti sgozzati”, e questo solo perché colpevoli “di essere cristiani”. La preghiera: non un rifugio dell’impotenza, ma un fondamentale atto “politico” che consolida la coscienza della condanna.