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Processo a Viganò per legittimare Bergoglio screditando Ratzinger

Andrea Cionci - autore dell'articolo pubblicato sul suo blog

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17 giugno 2024

di Andrea Cionci

 

Non fidatevi. In Vaticano nulla è mai come sembra. La notizia della convocazione a processo, da parte del Dicastero per la Dottrina della Fede (Tucho Fernandez) del forse ex-arcivescovo Carlo Maria Viganò (non ha mai smentito di essersi fatto riconsacrare vescovo dallo scismatico Mons. Williamson) sta spopolando sui media.

Molto, molto strano: dal 2019, almeno dall’affare McCarrick, Viganò non veniva più preso in considerazione dal mainstream: adesso tutti i riflettori sono invece puntati su di lui.

Ancora più strano è che lo stesso Viganò, finora ignorato dalle gerarchie vaticane e lasciato immune da sanzioni, proprio ieri, guarda caso a due settimane dal deposito presso il Tribunale del Vaticano dell’istanza per il riconoscimento della nullità dell’abdicazione di Benedetto XVI (e della sua sede impedita), venga improvvisamente chiamato a rispondere di quanto detto e fatto negli ultimi cinque anni. Nella convocazione si parla anche esplicitamente del fatto che Viganò abbia messo in dubbio la legittimità di Bergoglio, ma lo stesso prelato, in una delle sue ultime conferenze con il professore americano Edmund Mazza, in un discorso contraddittorio dove raccomandava di astenersi da astratte speculazioni canoniche mentre al contempo teorizzava l’impeachement di Bergoglio per un fantasioso “vizio di consenso”, affermava categoricamente: “Quello che non possiamo fare, perché non ne abbiamo l'autorità, è di dichiarare che Bergoglio non è papa. La terribile impasse nella quale ci troviamo rende impossibile qualsiasi umana soluzione”.

Viganò evita completamente e apposta (dato che è stato abbondantemente informato) di citare il combinato disposto  fra gli artt. 76 e 77 della Universi Dominici Gregis dove si afferma in modo esplicito che se la rinuncia del papa non è a norma del can. 332.2, in cui si richiede la rinuncia al munus (mai avvenuta) l’elezione è nulla e invalida, SENZA CHE INTERVENGA ALCUNA DICHIARAZIONE IN PROPOSITO.

Quindi Viganò avrebbe potuto tranquillamente dichiarare che Bergoglio non è il papa secondo tale costituzione, come qualsiasi Christi fidelis.

Ma non lo ha fatto e non lo fa.

Ciò che è peggio, è che nonostante sia stato letteralmente bombardato da chi scrive, nel carteggio degli ultimi anni, di centinaia di articoli, libri, lettere pubbliche e private in merito alla ovvia questione della sede impedita di Benedetto XVI, Viganò non ne ha mai voluto ragionare, non l’ha mai smentita, si è solo limitato a screditare lo scrivente a livello personale affibbiandogli l’abusato e ridicolo cliché del “romanziere alla Dan Brown”, nonostante la quadriennale inchiesta alla quale hanno partecipato latinisti, canonisti, storici della Chiesa, avvocati, filosofi di fama.

Ripetiamo: se la nostra inchiesta fosse un romanzetto, sarebbe stato ben rischioso depositarla in tribunale.

Perché dunque, evitare come la peste l’unica soluzione definitiva? Eppure, lo stesso Viganò il 5 aprile 2022, sul blog di Aldo Maria Valli affermava: “Ma prima di discutere del prossimo conclave, OCCORRE FAR LUCE SULL’ABDICAZIONE DI BENEDETTO XVI e sulla questione dei brogli del Conclave del 2013, che prima o poi dovranno dare luogo ad un’indagine ufficiale. Se vi dovessero essere prove di irregolarità, il conclave sarebbe nullo, nulla l’elezione di Bergoglio, così come nulle sarebbero tutte le sue nomine, gli atti di governo e di magistero. Un reset che ci riporterebbe provvidenzialmente allo status quo ante, con un Collegio cardinalizio composto solo dai cardinali nominati fino a Benedetto XVI, estromettendone tutti quelli creati dal 2013, notoriamente ultraprogressisti”.

E allora, dato che abbiamo servito su un piatto d’argento al porporato uno studio completo sull’abdicazione di Benedetto nulla e invalida, esattamente per conseguire questo obiettivo, come mai lo ha evitato senza nemmeno esaminarlo/smentirlo?

Aveva un’altra strategia? No. L’arcivescovo di Ulpiana non ha di fatto messo in campo alcunché per contrastare Bergoglio o metterlo in discussione. Si è limitato a fondare un’associazione, Exsurge Domini, per raccogliere denari (cosa avvenuta in modo controverso, come testimoniato dalla vicenda delle monache di Pienza che ha creato sconcerto perfino tra i suoi sostenitori) e fondare una sorta di enclave tradizionalista. Allo stesso tempo, ha terribilmente diffamato papa Benedetto XVI scrivendo su Twitter: “Siamo governati da apostati e questo dura dai tempi del Concilio”, o mettendo like a un tweet che affermava: “Ratzinger è eretico tanto quanto Rahner”.

 

 

Ha utilizzato scritti del 25enne Ratzinger per screditarlo, dandogli dell’hegeliano (come se fosse un insulto) e del modernista. In questa opera è stato volenterosamente aiutato dagli scritti dei professori Massimo Viglione ed Enrico Maria Radaelli. Costoro sostengono, con alcune sfumature differenti, che Benedetto XVI, pur cacciato dai modernisti, avesse voluto dare un colpo di coda creando una sorta di doppio papato modernista, scambiando la reale, ovvia dicotomia tra un antipapa attivo e un papa impedito per una aberrazione giuridica con un vero papa attivo e un vero papa in pensione. Un tragico fraintendimento: non si capisce perché Ratzinger avrebbe dovuto regalare il doppio papato modernista ai nemici modernisti. Tanto per citare un’ovvietà, se ci fossero stati due veri papi, perché Benedetto nei nove anni da emerito-impedito avrebbe ribadito “il papa è uno solo”? Risposta non pervenuta. Questa dottrina semplicemente lunare, tenuta in piedi forse per mero puntiglio intellettuale, si può rivelare tuttavia, un utilissimo strumento nelle mani di Bergoglio.

La dimostrazione del fatto che Benedetto XVI fosse impedito risiede nella falsificazione che è stata fatta della Declaratio, specie nella versione tedesca, dove il munus (Amt) e il ministerium (Dienst) sono stati artatamente scambiati di posto, come già denunciammo con una dozzina di avvocati .

 

Quindi, se nessuno si fosse accorto dell’illiceità della sua Declaratio, e tutti fossero stati in buona fede, gabbati dal “modernista eretico Ratzinger”, perché operare questa mistificazione?

Viganò lo sa, ma non se ne cura.  

Il suo modus operandi, dopo anni di disperati tentativi di instaurare un dialogo sulla patente realtà della sede impedita, ci ha portati a pensare che l’arcivescovo sia un perfetto GATEKEEPER, cioè un promotore del dissenso controllato: egli di fatto convoglia tanti tradizionalisti e bravi cattolici portandoli sul binario morto della assoluta inoffensività per Bergoglio. Adesso in tanti torneranno a considerarlo un paladino antibergogliano, e finiranno nel sacco.

Ecco che in questo contesto si inquadra in modo coerente lo strano tempismo della strana convocazione a processo promulgata da Tucho Fernandez. Viganò potrebbe risultare utilissimo sotto vari spetti. A un livello elementare, tale provvedimento potrebbe funzionare come un’intimidazione verso i prelati che volessero prendere posizione contro la legittimità di Francesco. Sarebbe anche un ottimo diversivo mediatico per stornare l’attenzione da un eventuale processo sulla sede impedita di Ratzinger, oscurandolo, oppure per confondere la gente con argomentazioni fumose e divergenti. Se il processo in sede del tribunale del Dicastero per la fede dovesse condannare Viganò, questo potrebbe far fare di tutt’erba un fascio con la sede impedita e/o tentare di condizionare l’operato dei magistrati del Tribunale vaticano, creando una sorta di confitto fra i due enti.

Bergoglio le sta provando tutte, come abbiamo visto ieri. Nella sua disperata corsa ai ripari, oltre ad aver pubblicato a razzo e anticipatamente in italiano il libro di propaganda “El Sucesor” (la traduzione era prevista per l’autunno) ha anche nominato un nuovo cancelliere al Tribunale della Segnatura apostolica. 

E’ davvero nei guai, ma la mossa più ardita e furba potrebbe sfruttare consapevolmente o inconsapevolmente proprio Viganò. Immaginiamo uno scenario: l’arcivescovo si difende a spada tratta parlando della nullità dell’abdicazione di Ratzinger NON PER SEDE IMPEDITA, ma spacciando ai media la barzelletta blasfema del Benedetto XVI eretico e modernista e dell’impossibile doppio papato.

Il Dicastero per la Fede gli potrebbe dare inaspettatamente ragione e così, accidenti, l’è tutto da rifare: convocano i cardinali pre 2013 per un conclavetto-farsa tanto per rieleggere formalmente Bergoglio, o meglio eleggerlo validamente per la prima volta. Così Bergoglio verrebbe sanato, il temporaneo impasse sarebbe tutta colpa di un Ratzinger eretico, rimbambito e modernista e questo piccolo disastro, sanato grazie al buon Viganò – che avrebbe in cambio l’assoluzione e le sue prebende – giustificherebbe ancor meglio la demolizione definitiva di tutto ciò che resta della vecchia Chiesa dei papi postconciliari.

Non ci credete? Avrete presto una PROVA EVIDENTE di questo disegno nel fatto che Viganò, nella sua difesa, CONTINUERA’ AD EVITARE IN MODO CHIRURGICO DI PARLARE DELLA SEDE IMPEDITA DI BENEDETTO XVI. Non ne farà la minima menzione, e anche i media confiscati da Bergoglio se ne guarderanno bene. Ma sarà proprio l’assordante silenzio sulla questione a metterla ancor più in risalto.

Attenzione: fino ad oggi non ha mai pagato tentare di screditare il Vicario di Cristo, è sempre stato un terribile boomerang. Un’operazione del genere, oltre a far guadagnare l’inferno per direttissima (in ottica spirituale) ai suoi promotori, (impugnazione della verità, imperdonabile peccato contro lo Spirito Santo) è anche destinata al fallimento perché il mondo realmente cattolico non accetterà di vedere così screditato il più grande papa degli ultimi secoli, che ha purificato la Chiesa spazzando via il serpente antico dello gnosticismo e della massoneria ecclesiastica.

L’importante è che chi sa della sede impedita (e tutti sanno in Vaticano, perfino i custodi dei musei) smetta di avere paura, e permetta alla verità e alla legge di dilagare e travolgere i nemici della Chiesa.  

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