Silvio Berlusconi terminerà la sua condanna ai servizi sociali quarantacinque giorni prima del previsto: per il giorno della festa delle donne il quasi settantanovenne leader di Forza Italia potrà dunque finalmente smettere di fare il suo ormai consueto pellegrinaggio del venerdì a Cesano Boscone, più precisamente in piazza Monsignor Luigi Moneta n. 1, nella sede della Fondazione Istituto “Sacra Famiglia”. Si tratta di una onlus per il recupero e l’accoglienza di anziani e disabili che da quelle parti è una vera e propria istituzione, essendo attiva dal 1896: Berlusconi, com’è noto, vi presta la sua opera di assistenza dall’aprile del 2014, come “rimanenza penale” della condanna inflittagli nell’agosto 2013 al termine del processo Mediaset. Sarebbero stati quattro anni di carcere: tre, però, gli sono stati indultati, e l’ultimo gli è stato commutato, appunto, nell’affidamento in prova ai servizi sociali.
Ad “accorciare” i limiti stabiliti dalla sentenza originale, in accoglimento all’istanza presentata dallo stesso condannato, ha provveduto, lunedì 2 febbraio, il giudice di sorveglianza di Milano Beatrice Crosti, la stessa che lo scorso luglio lo aveva diffidato dopo alcune sue dichiarazioni avventate sulla magistratura. Una nota di demerito che non ha comunque pesato più di tanto nella lettura che la Crosti ha fatto dell’istanza presentata dai legali di Berlusconi il 7 gennaio scorso. In essa, anzi, ha ravvisato che nei trascorsi già all’attivo dell’ex premier come operatore sociale “coatto” esistono elementi sufficienti a poter certificare quella “buona condotta” che è condicio sine qua non perché quegli possa beneficiare dello sconto di pena. Sembra che la motivazione alla base di quanto deciso dal giudice stia tutta in un passaggio contenuto nel testo dell’istanza: “Il progetto rieducativo (con al centro il leader di Forza Italia, ndr) si è arricchito dello svolgimento dei lavori di pubblica utilità, da cui (il medesimo, ndr) ha accolto con entusiasmo uno spunto di riflessione sulla condizione degli anziani”. Al padre della Seconda Repubblica in via di riabilitazione si addice il titolo di Cavaliere della Terza Età.