19 giugno 1953. Stalin è morto da pochi mesi e negli Usa i coniugi Rosenberg vengono condannati alla sedia elettrica con un’accusa gravissima: aver ceduto all’Urss i segreti di fabbricazione della bomba atomica. Ad accusarli era stato proprio il reale colpevole di quell’atto, degno, ad un tempo, dei gironi della Caina e dell’Antenora: la spia David Greenglass, spentosi serenamente il 15 ottobre alla veneranda età di 92 anni. Non solo aveva tradito la patria, infatti, ma, accusando i due coniugi, conduceva alla rovina i suoi congiunti, essendo egli il fratello di mrs. Rosenberg, Ethel. Far passare per colpevoli lei e il marito, Julius, in un’epoca in cui le persecuzioni maccartiste erano giunte all’apice, non fu difficile. C’era una macchia nel passato politico di Julius, il suo essere stato leader, ai tempi del liceo, della Lega dei giovani comunisti (va detto, però, che oltre a Ethel ne erano stati militanti lo stesso David e sua moglie Ruth). Questo contò più del fatto che, dopo l’arresto, nel 1950, dell’ingegnere Kalus Fuchs, accusato di aver venduto a Mosca alcuni segreti relativi alla bomba atomica, Greenglass e altri agenti segreti vennero immediatamente identificati come suoi complici. Il “buon” David si salvò mettendosi immediatamente a disposizione degli inquirenti come collaboratore, e coinvolgendo nei suoi guai sorella e cognato: a loro carico, oltretutto, lui e sua moglie (sì, anche Ruth era diventata un’accusatrice) presentarono una prova inoppugnabile, una copia dattiloscritta di un documento riservato, risalente al 1945, relativo ai progetti della bomba. Dattiloscritta da Ethel, come giurarono David e Ruth. Solo dopo l’esecuzione dei Rosenberg si appurò che, in realtà, era stata proprio Ruth a batterli per conto del marito (nella fase preliminare del processo, per l’esattezza, Ruth aveva dichiarato la reale versione dei fatti, per poi cambiarla nella fase decisiva). Lei, Ruth, uscì dal processo completamente assolta; a David andò un po’ meno bene, ma di certo non si può dire che la giustizia non sia stata piuttosto clemente anche nei suoi confronti: alla fine, infatti, se la cavò con soli dieci anni di carcere (gliene furono abbuonati cinque) e l’obbligo di cambiare identità, per sempre.