Quest'anno il primo settembre è caduto di lunedì, il che ha aggiunto una criticità aggiuntiva al triste spettacolo che, come di consuetudine da svariato tempo, si apre in genere alla fine del mese di agosto in tutti i centri per l'impiego presenti nelle cittadine e paesi con finalità turistiche. Decine di persone già dalla prima mattina, spesso anche un'ora e passa prima dell'apertura, si presentano ai centri per l'impiego prima che davanti ad essi si formi una fila che con il passare del tempo somiglia ad un insieme variopinto di umanità. In molti degli ex uffici di collocamento poi non è presente neanche il “numerino”, il biglietto che consentirebbe quantomeno un ordine per tutta la gente in attesa e snellirebbe il lavoro degli impiegati. Le richieste, anche se è più onesto chiamarli bisogni, degli utenti sono varie anche se la maggior parte è disposta a farsi più di un'ora d'attesa in condizioni non ottimali per poter rinnovare lo stato della propria disoccupazione, passo indispensabile per ottenere l'indennità prevista a sostegno e che vale dal momento che il rinnovo viene effettuato, di persona all'ufficio, dato che al momento non è ancora previsto un accesso telematico per farlo. Assenza del biglietto numerico, sistemazione degli uffici in posti inaccessibili, con tutte le difficoltà per chi soffre di problemi motori, una gestione antiquata e inadeguata, insieme al periodo infinito della cosidetta “crisi” e alla ressa da fine lavoro stagionale creano una situazione vergognosa, alla quale le istituzioni non solo non riescono a risolvere il compito per il quale dovrebbero esistere, cioè la ricerca del lavoro, ma spesso non pongono neanche rimedio ai disagi dell'utenza, migliorando alcuni servizi. Da diverso tempo il soggetto “in attesa di immediata occupazione” viene sottoposto a colloqui formativi da parte di consulenti del lavoro, che spesso si rivelano anch'essi lavoratori precari non in grado di rispondere alle esigenze dell'ex lavoratore, per una carenza endemica di lavoro sul territorio o semplicemente perchè la formazione professionale lavorativa in Italia ha livelli bassissimi, per un mercato nazionale che privilegia non l'esperienza lavorativa e le specialità ma bensì il minor costo contributivo del lavoratore per l'eventuale impresa. Nonostante l'eventuale occupazione stagionale in molte località italiane il tasso disoccupazionale a giugno è arrivato al 12,6 %, con tre milioni e 220mila persone senza lavoro, un insieme cresciuto rispetto al mese precedente di ben 69mila unità e che con l'arrivo dell'autunno non promette miglioramenti a breve termine, lasciando la popolazione nello sconforto e nella, spesso inutile, visita al centro per l'impiego, una struttura sempre più fine a sé stessa, almeno fino a quando la forbice statale non lo taglierà, offrendo al suo posto servizi telematici e demandando l'eventuale supporto informativo e/o gestionale della ricerca lavoro alle amministrazioni comunali, che in molti paesi già si sono attrezzate con uffici ad hoc, spesso andando anche in contrasto e attrito con le strutture periferiche dell'Agenzia del lavoro.