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14 novembre 2023
- di Andrea Cionci
Dopo la rimozione del vescovo di Tyler Joseph Strickland ad opera di Francesco, il prevedibile teatrino per mantenere lo status quo e trovare l’accordo per fare tutti contenti dopo l’uscita di scena dell’argentino comincia ad assumere connotazioni da “mondo alla rovescia”.
Lo stesso Mons. Strickland era stato informato per tempo del fatto che Bergoglio non è il legittimo papa, ma non ha neanche voluto prendere in esame la realtà dimostrata, come confermatoci da un giornalista americano. Avrebbe dovuto accogliere il provvedimento di Bergoglio con una risata, convocando una conferenza stampa e dicendo la verità, cioè che Francesco non è mai stato papa causa sede impedita di Benedetto XVI, ma ha scelto la disastrosa tattica diplomatico-negoziale di Mons. Viganò, quella di contrastare gli effetti e non le cause. E mal gliene incolse: Francesco lo ha sollevato di peso dall’incarico, in spregio a ogni regola canonica, (ovviamente).
Così, sui blog cosiddetti “una cum”, (conservatori legittimisti di Bergoglio), in questi giorni, è tutto un piagnisteo e uno sbracciarsi di prefiche. Lo stesso Mons. Strickland è riuscito a non attribuire la colpa della sua rimozione completamente a Francesco, perché “ci sono molte forze che lavorano contro di lui e lo influenzano nel prendere questo tipo di decisioni. Ecco perché preghiamo per il papa, come figlio di Dio e per il suo ruolo di sommo pontefice”. Si vede che, come ripete spesso Mons. Schneider - sottovalutando parecchio il buon senso dei fedeli - Bergoglio “è mal consigliato”.
Come abbiamo illustrato nel precedente articolo, la parola d’ordine tra questi prelati presuntamente tradizional-conservatori è: “evitare in ogni modo di citare la sede impedita, anzi oscurarla” e l’attività in tal senso di Mons. Viganò è tanto plateale, quanto insidiosa: pur ammettendo che Benedetto XVI sia stato tolto di mezzo, rinnega nel modo più assoluto la realtà patente del suo piano antiusurpazione.
Ma adesso siamo arrivati al punto in cui altri prelati si pronunciano contraddicendo apertamente la costituzione apostolica Universi Dominici Gregis (1996).
Come sappiamo, il meccanismo antiusurpazione di Ratzinger si conclude esattamente con questa legge, scritta da lui stesso e promanata da Giovanni Paolo II: se la rinuncia del pontefice non è avvenuta a norma del can. 332.2, cioè con la rinuncia al munus, l’elezione che ne consegue è nulla e invalida (artt. 76 e 77). Chiaro e semplice.
Ratzinger stesso, nel 1983, su incarico di Wojtyla inserì nel nuovo diritto canonico la necessità di rinunciare al munus, nel detto canone. Poi lo ribadì nel ’96 con la U.D.G., eppure nella Declaratio del 2013 “sbaglia” clamorosamente rinunciando al ministerium? Vi sembra plausibile?
Pur “dimenticando” che solo in sede impedita il papa rinuncia al ministerium e trattiene il munus, lo stesso arcivescovo Müller (cardinale di nomina bergogliana) sottolinea la “sfumatura sbagliata” della Declaratio,
ma in alcune sconcertanti dichiarazioni rilasciate il 9 novembre a Lifesite News si pronuncia in modo apertamente contrario alla citata costituzione apostolica: "È difficile giudicare [se l'elezione di Bergoglio fosse valida], ma alla fine è stato chiaramente eletto dalla maggioranza e, dopo tutto, non c'è stata alcuna obiezione qualificata alla procedura e anche se ci fossero delle carenze… esse sono state semplicemente, di fatto, sanate dall’esercizio [dell’ufficio]”.
In base a tale principio, l’antipapa Anacleto II che regnò otto anni a Roma avrebbe dovuto essere considerato legittimato per una sorta di “usucapione” del munus petrino. Non è mai andata così nella storia della Chiesa: se un papa è stato eletto illegalmente, va rimosso. Se un atto è nullo (come per il conclave 2013, convocato a papa non morto e non abdicatario) nel diritto canonico non può essere MAI sanato. Il fatto che Benedetto XVI non si sia lamentato ha un patente motivo canonico (era in stato di confino-prigionia) e soprattutto teologico: egli si è sacrificato come Cristo per difendere la Chiesa e Gesù certo non ha inveito contro i suoi persecutori.
“Anche se qualcuno dovesse contestarlo adesso, sarebbe un enorme pasticcio” - continua Müller con Lifesite News - “Sarebbe anche peggio di quello che abbiamo adesso. […] Attraverso questi tre papi: il papato di Avignone, lo scisma… il Grande Scisma d’Occidente o la prigionia babilonese della Chiesa… questi furono in definitiva parzialmente responsabili della Riforma. L’autorità del papato era stata così ridotta che in questa crisi con Lutero semplicemente non c’era abbastanza autorità per controllare l’intera situazione”. Müller ha sottolineato, prosegue Lifesite News, che una sfida all'elezione papale farebbe più male che bene e che bisogna tenere presente il bonum ecclesiae (il bene della Chiesa).
In sostanza, per l’arcivescovo tedesco, “ormai è andata così” e la questione deve passare in cavalleria perché “uno scisma sarebbe peggio”.
Dichiarazioni in totale opposizione rispetto alla Universi Dominici Gregis che all’art. 3 recita: “Stabilisco che il Collegio Cardinalizio non possa in alcun modo disporre circa i diritti della Sede Apostolica e della Chiesa Romana, ED ANCOR MENO LASCIAR CADERE, DIRETTAMENTE O INDIRETTAMENTE, ALCUNCHÉ DI ESSI, SIA PURE AL FINE DI COMPORRE DISSIDI o di perseguire azioni perpetrate contro i medesimi diritti dopo la morte o la valida rinuncia del Pontefice. Sia cura di tutti i Cardinali tutelare questi diritti”.
Rileva l’avvocato Roberto Antonacci, già intervenuto su tali questioni: “Come Schneider, Müller continua a parlare di carenze della procedura, di maggioranza e di sanatoria di eventuali vizi della procedura elettiva. Sono argomenti pretestuosi tesi ad eludere la Magna questio: Benedetto non ha mai abdicato. Il vizio giuridico è a monte della procedura elettiva e ne impedisce ogni capacità di produrre effetti. Le considerazioni svolte riguardo al conclave 2013, sono semplicemente irrilevanti oltre che infondate.
Entrando nel merito, l'ultimo comma del punto 3) U.D.G., impone ai cardinali di tutelare i diritti della Sede Apostolica. Questa norma esclude in radice la possibilità che i cardinali possano accettare, anche solo di fatto, un Pontefice non canonicamente eletto. Anzi impone loro l'obbligo giuridico di attivarsi al fine di rendere operativa detta tutela (di qui la petizione). L'”Accettazione pacifica universale”, almeno per i cardinali, in questo caso è palesemente inammissibile. Dura lex sed lex.
La norma di cui al punto precedente e le regole generali dell'Ordinamento Canonico in materia di invalidità degli atti giuridici, escludono altresì la cosiddetta sanatoria di fatto: l'esercizio concreto delle mansioni afferenti un ufficio nullo non ne consente l'acquisto della titolarità. Un simile concetto è assolutamente contra legem.
Le motivazione che Müller articola per legittimare Bergoglio (evitare uno scisma, il bonum Ecclesiae) sono di ordine politico, cioè non hanno valore giuridico. Hanno quindi un valore metagiuridico. Ancor prima che contrarie alla U.D.G., sono irrilevanti”.
Quindi in nessun modo si può passare sopra la questione, nemmeno per evitare uno scisma (“per comporre dissidi”). Ratzinger-Wojtyla sapevano benissimo che, per “quieto vivere” molti prelati avrebbero scelto una “soluzione politico-diplomatica”.
Il programma dell’ultimo Vicario di Cristo era invece radicale: “La mia intenzione non era semplicemente e primariamente fare pulizia nel piccolo mondo della Curia, bensì nella Chiesa nel suo insieme”. (“Ein Leben”, 2020).
Così, mentre questi prelati apparentemente conservatori puntano a mantenere lo status quo, in una sorto di speculare “Todos, todos, todos” a quello bergogliano, la petizione al collegio cardinalizio pre 2013 per la convocazione del conclave intanto continua a raccogliere adesioni in tutto il mondo, avendo superato le 12.350 firme: come abbiamo già reso noto, costituisce un vero e proprio “esposto” alle autorità vaticane, affinché facciano rispettare i diritti della Sede Apostolica.
Se e quando questo avverrà, per detti prelati sarà meglio farsi trovare dalla parte giusta della storia.