L’11 settembre è una data segnata da spartiacque della Storia. Tra le date fondamentali, che hanno segnato il secolo scorso, il golpe cileno di Augusto Pinochet contro il governo di Salvador Allende. Un golpe le cui radici affondano nell’America del Nord e gli interessi – economici e politici – degli Stati Uniti. A Washington ci fu chi affermò che il golpe era necessario perché i cileni, scegliendo Allende, non sapevano votare. Quale il voto corretto, nella loro concezione dell’America Latina, dovevano stabilirlo i Chicago Boys e il governo USA.
È un golpe, quello cileno, che è entrato nella Storia ed ha influenzato molti avvenimenti successivi. Un golpe che suscitò forte indignazione e una grande mobilitazione internazionale, che segna ancora oggi la società cilena, ed entrò nell’immaginario collettivo in tante parti del mondo. Il regime di Pinochet divenne il simbolo di tutte le dittature, delle tirannie e delle violenze contro le democrazie. Una mobilitazione sociale e politica che fu raccontata anche con la musica, partendo proprio da artisti cileni. Gli Inti Illimani erano a Roma quando furono raggiunti dalla notizia dell’assalto alla Moneda e la morte del presidente Allende e si ritrovarono, per tanti anni, esiliati lontani dalla loro patria. L’Italia e l’Europa li adottarono e i loro concerti divennero luoghi di denuncia, condanna e resistenza alla dittatura fascista di Pinochet. Tra le vittime della repressione del regime di fu Victor Jara, grandissimo artista, che fu massacrato e torturato nello stadio di Santiago: gli furono spezzate le braccia, irridendolo chiedendogli di continuare a suonare, dai militari e poi ucciso. Le sue poesie e le sue canzoni divennero un simbolo in musica di quegli anni, della resistenza – Jara era un militante politico del Partito Comunista cileno e sostenitore di Allende – di un popolo e di tutti coloro che nel mondo si schierarono contro il regime.
Salvador era un uomo, vissuto da uomo
Morto da uomo con un fucile in mano
Nelle caserme i generali brindavano alla vittoria
Con bicchieri colmi di sangue di un popolo in catene
Da un cielo grigio di piombo
Piovevano lacrime di rame
Il Cile piangeva disperato
La sua libertè perduta
Mille madri desolate piangevano figli scomparsi
L'amore aveva occhi sbarrati di una ragazza bruna
Anche le colombe erano diventate falchi
Gli alberi di ulivo trasformati in croci
Da un cielo grigio di piombo
Piovevano lacrime di rame
Il Cile piangeva disperato
La sua libertà perduta
Ma un popolo non può morire, non si uccidono idee
Sopra una tomba senza nome nasceva la coscienza
Mentre l'alba dalle Ande rischiara i cieli
Cerca il suo nuovo nido una colomba bianca
Da un cielo grigio di piombo
Piovevano lacrime di rame
Il Cile piangeva disperato
La sua libertà perduta
Il Cile piangeva disperato
(La sua libertà perduta)
Con questa canzone I Nomadi nel 1990 raccontarono la resistenza di Allende e le atrocità del regime. È una delle tante canzoni nate in Italia e non solo che hanno raccontato un’epoca. “Estadio Chile” è una canzone scritta da Victor Jara, completata qualche tempo dopo il suo assassinio da Pete Seeger. Sting dedicò al golpe cileno “Ellas danzan solas”, versione in spagnolo della sua canzone “They Dance Alone”. Joez Baez dedicò una versione della sua canzone “Te recuerdo Amanda” a Victor Jara e a tutte le vittime delle atrocità della dittatura di Pinochet. L’anno dopo il golpe Nel 1974 Bob Dylan fu tra gli artisti che suonarono al Madison Square di New York in onore del Cile, di Salvador Allende e di Victor Jara, alla presenza della vedova. Dylan scelse la sua canzone “North Country Blues”. Il cantautore italiano Fausto Amodei, fondatore a Torino del Cantacronache, dedicò una canzone “Al compagno presidente Salvador Allende”, un’altra canzone gli fu dedicata da Leo Ferré dal titolo “Allende” quattro anni dopo il golpe, Manifiesto è la canzone che dedicò a Victor Jara e al popolo cileno Bruce Springsteen dieci anni fa.