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19 febbraio 2023
- di Andrea Cionci
Tempo di carnevale, fioccano stelle filanti, coriandoli, e “chiacchiere”: invece di rispondere con solide argomentazioni al micidiale piano canonico con cui Benedetto XVI ha scismato i suoi nemici, dimostrato definitivamente nel breve documentario "Dies Irae" , la chiesa bergogliana chiama a raccolta i suoi giornalisti e fornisce in pasto al fedele mainstream solo aneddoti, curiosità, chicche, episodi riferiti da terzi, proiezioni personali di editorialisti, come nel caso di Massimo Franco che da anni continua ad ammannire la sua personale visione secondo cui, quando Benedetto XVI ripeteva “il papa è uno solo”, si riferisse per forza a Francesco.
Una vecchia frappa muffita, appena spolverata dallo zucchero a velo della novità, torna a galla grazie a Nico Spuntoni, un collaboratore de La Nuova Bussola quotidiana, testata cattolica che, da due anni e mezzo ignora in modo chirurgico (e non molto deontologico) la gigantesca Magna Quaestio sulla legittimità di Bergoglio come papa, sulla quale, pure, tutti gli altri vaticanisti trattano e discutono, da Valli, a Tosatti, a de Mattei, a Paciolla etc.
Avevamo scritto tempo fa al suo direttore Riccardo Cascioli una lettera aperta, ma, tanto per cambiare, non ha risposto. Sono finiti i tempi di Felice Cavallotti, quando perfino tra i giornalisti, (la “feccia del mondo delle lettere”, come ci definisce il "cattolicissimo" visiting professor all’università di Scutari Giovanni Zenone), esisteva un codice di onore, per cui, a una garbata richiesta di spiegazioni era considerato doveroso accettare la sfida.
Insomma, Spuntoni, su Il Giornale, riporta alcuni aneddoti riferiti da Mons. Alfred Xuereb, ex segretario di papa Ratzinger, il quale fin dal dicembre 2013-14 sostiene che Benedetto XVI, la sera del conclave del 13 marzo 2013, alle 20.45 per telefono avrebbe promesso obbedienza e reverenza a Bergoglio, assicurando preghiere per lui.
Siamo sicuri?
Strana cosa, nel libro “Ultime conversazioni” del 2016 papa Benedetto fa cenno solo a un tentativo fallito di telefonata da parte di Bergoglio, ma NON MENZIONA LA TELEFONATA DI CUI PARLA XUEREB.
Citiamo dal libro.
Domanda di Seewald: “Ha seguito il conclave da lì (Castel Gandolfo) ? In che modo?”
Papa Benedetto. “Naturalmente non abbiamo ricevuto nessuno, è chiaro, né abbiamo avuto contatti con il mondo esterno, ma quello che si poteva vedere alla televisione l’abbiamo visto. Soprattutto la sera dell’elezione”.
La sera del conclave, (quindi prima e dopo lo stesso) dunque, non ha avuto contatti col mondo esterno.
Eppure, la telefonata, secondo Xuereb, sarebbe stata alle 2045, in piena “sera dell’elezione”. Mah?
Divertentissimo come papa Benedetto non specifichi l’oggetto di "quello che si poteva vedere alla televisione”. Anfibologicamente, poteva intendere sia ciò che si poteva vedere del conclave, sia ciò che si poteva vedere dal punto di vista dell’accettabilità morale: un documentario, un film, un talk show, cioè quello che è degno della visione di un papa.
Ancora più divertente l’uso anfibologico del termine “toccato”, in una domanda successiva:
Seewald: “Cosa ha pensato quando il suo successore si è affacciato sulla loggia della basilica di San Pietro? E per di più vestito di bianco?”
Papa Ratzinger: “La cosa non mi ha minimamente toccato. Quello che mi ha toccato, invece, è che già prima di uscire sulla loggia abbia voluto telefonarmi, ma non mi ha trovato perché eravamo appunto davanti al televisore”.
Il participio “toccato” viene utilizzato da papa Benedetto per sottintendere che il tentativo di telefonata, prematura e forse venata di trionfalismo, dell’usurpatore Bergoglio lo aveva infastidito (dato che usa “toccato” per dire come non lo avesse minimamente infastidito che Bergoglio fosse uscito vestito di bianco, senza la mozzetta rossa).
Insomma, vista la mala parata, Mons. Xuereb, nel 2018, racconta di nuovo l’episodio, ma in una nuova versione riveduta e corretta dove le telefonate “magicamente” diventano due, come specifica perfino nel sottotitolo, la testata bergogliana Aleteia. Queste “due telefonate”, una fallita e una compiuta, compaiono negli stessi giorni in un articolo su La Stampa di Andrea Tornielli, oggi capo ufficio comunicazione di Bergoglio.
“Noi eravamo nella sala della televisione – è stata la nuova versione di Mons. Xuereb – dove il telefono è sempre silenziato, quindi non abbiamo sentito questo e ciò spiega perché il ritardo di Papa Francesco nell’uscire alla Loggia. Poi, ci hanno chiamato di nuovo durante la cena e ci hanno chiesto: “Ma voi dove eravate?” – “Eravamo davanti alla TV!…” – “Papa Francesco vi chiamerà dopo la cena”. Io ho portato con me il portatile, arriva questa telefonata e passo il telefono a Papa Benedetto e lo sento dire: “Santità, fin d’ora prometto la mia totale obbedienza e la mia preghiera”. Sono momenti che io non posso dimenticare”.
Eppure, Benedetto XVI, né in “Ultime conversazioni” né, a quanto ci risulta, in altre dichiarazioni o pubblicazioni da lui autorizzate HA MAI PARLATO DI QUESTA SECONDA TELEFONATA, né ha mai dichiarato di aver promesso obbedienza e reverenza direttamente a Bergoglio.
Ora, in una narrativa legittimista di Bergoglio, è OVVIO che papa Benedetto avrebbe dovuto ripetere a ogni pié sospinto di aver promesso obbedienza a Francesco, invece di lasciare raccontare questa cosa a dei suoi segretari. Così come è ovvio che avrebbe sempre ribadito che il papa fosse uno E FOSSE FRANCESCO.
Riteniamo che un solo dato di fatto possa fornirvi gli strumenti utili a dirimere la questione: nel 2018, stesso anno in cui Mons. Xuereb ci ammannisce questa presunta seconda telefonata, riceve il prestigioso incarico di Nunzio apostolico in Corea. E qui ognuno la penserà come vuole.
Ma arriviamo al nodo della questione. L’articolo di Spuntoni insiste sul fatto che Benedetto XVI fosse molto sereno e molto determinato nella scelta della rinuncia al ministero. Sì, ma a quale dei due? Al ministero-munus o al ministero-ministerium? Stra-sapete, ormai, che se il papa perde il munus, abdica e c’è la sede vacante, se il papa perde il ministerium c’è la sede impedita: in quel caso Bergoglio è antipapa usurpatore.
E sappiamo che Benedetto XVI ha scelto la seconda opzione per farsi porre dai cardinali in sede impedita. Quindi, il fatto che Ratzinger fosse molto sereno e determinato nell'applicare questo micidiale piano antiusurpazione è perfettamente coerente e doveva essere certamente fonte di serenità per lui. Nessuno lo aveva costretto ad autoesiliarsi in sede impedita, fu una scelta libera, ben diversamente da quella a cui voleva costringerlo la Mafia di San Gallo, cioè abdicare rinunciando al munus. Benedetto sapeva che a un certo punto la verità sarebbe saltata fuori. Aveva perfettamente messo in conto che, per alcuni anni, i cattolici non avrebbero capito niente della questione. Aveva affidato a Dio la tempistica, sapendo che tutto si sarebbe rivelato dopo la sua morte, come è puntualmente avvenuto il giorno 28 gennaio scorso (San Tommaso d’Aquino) con l’acquisizione della questione definitiva dell’hora vigesima.
Eppure è verissimo che Benedetto XVI, il 28 febbraio 2013 aveva pubblicamente promesso obbedienza e reverenza al suo successore, prima della sua elezione.
Un successore illegittimo, non canonico, come univocamente specificato nella famosa domanda sulla profezia di Malachia.
Ma il fatto che sia vera o no la seconda telefonata di cui riferisce Xuereb è del tutto ininfluente perché, nei fatti, è assolutamente vero che papa Benedetto è stato obbediente e reverente verso “papa Francesco”, da lui così chiamato in quanto patriarca di una chiesa scismatica, così come avrebbe chiamato papa Teodoro, della chiesa copta etiope.
La sua obbedienza e reverenza al proprio persecutore-impeditore, oltre che dal comandamento di Gesù “ama il tuo nemico e prega per il tuo persecutore” è giustificata del tutto dalla prospettiva teologica del suo autoesilio in sede impedita, mossa spiegata perfettamente dal suo amato Ticonio, di cui scriveva fin dal 1957.
Secondo questo teologo romano del IV secolo, nella chiesa di Cristo è nascosta la chiesa del diavolo. Questa emergerà alla luce solo con la grande discessio, non uno scisma tradizionale, ma il ritiro della vera chiesa di Cristo, per lasciare a quella nemica la possibilità di rivelarsi.
Ecco perché Benedetto si è sempre mostrato apparentemente docile alla narrativa dell'ex-papa-nonnino in pensione, pur parlando sottilmente solo a chi aveva orecchie per intendere, e non certo a quelli della Bussola, bovinamente appiattiti sulla narrativa una cum-bergogliana e disonorevolmente restii a qualsiasi confronto sul tema.
Papa Ratzinger ha voluto che negli anni di impedimento, il popolo di Dio potesse fiutare l’odore del vero pastore, non in base a un’informazione servita dal papa, ma grazie a un’operazione maieutica, di consapevolezza interiore, tale da aprire quella terza età dello Spirito Santo di cui scriveva il suo amatissimo Gioacchino da Fiore.
Ci sono cattolici che hanno aperto gli occhi e hanno capito che quello strano papa argentino che ne combina di tutti i colori in realtà fa così perché NON E’ IL VERO PAPA, in quanto Benedetto lo è rimasto fino alla fine grazie alla sede totalmente impedita, l’unico caso in cui il papa può vedersi togliere il ministerium e conservare il munus.
Ed è proprio da questo “piccolo resto” biblico da cui dovrà ripartire il Cattolicesimo. Non da chi crede alle sospettissime ricostruzioni di terzi.