Gentili lettori di Notizie Nazionali eccoci nuovamente come ogni sabato ad intraprendere un viaggio. Un viaggio, che seppur con parole e foto e non fisicamente, ci porta a scoprire le bellezze del territorio della frazione brindisina di Tuturano. Eccoci quindi nuovamente con la rassegna “Paesaggi tuturanesi”. Continuiamo come sempre a ringraziarvi per il grande interesse che state mostrando per il nostro lavoro e continueremo a fare del nostro meglio in ogni puntata. Nel precedente episodio, utilizzando un termine preso in prestito dal cinema, abbiamo esplorato le masserie Uggio e Camarda, insieme ai loro dintorni. Siamo addirittura arrivati al tempio di San Miserino, sempre nell'antico ager brundisinus, ma che oggi si trova nell'attuale feudo di San Donaci. Abbiamo potuto notare come questa importante costruzione, prendendo delle vie di comunicazione secondarie, si trovi esattamente quasi a metà strada tra Tuturano e San Donaci. Visitando masseria Camarda vi abbiamo parlato del “limitone dei greci” e degli accampamenti bizantini che vi erano in questa zona. Insomma, siamo giunti a quello che era il confine tra Longobardi e Bizantini. Anche in questa puntata ci siamo spinti molto oltre, ai confini dell'attuale “feudo” di Tuturano, in direzione di Mesagne.
Prima di cominciare è bene fare delle ulteriori precisazioni storiche. L'attuale zona di Tuturano, con le campagne, in epoca romana si trovata in quello che era appunto l'ager brundisinus (agro di Brindisi). Si trattava praticamente dell'entroterra dell'attuale capoluogo di provincia pugliese. Un entroterra che a sentire gli scrittori antichi e anche cristiani era molto fertile, e che produceva vino e olio in abbondanza. Ed è proprio dalle terre dei “Tutorii”, ricchi mercanti provenienti da Delo, che provenivano molti dei prodotti agricoli della zona, ma anche dalle campagne intorno a Mesagne, sull'Appia quindi. Il territorio prossimo a Tutorius, quindi, era molto fertile, anche perché sappiamo che la zona era piena di paludi, ma anche di boschi. La presenza di acquitrini paludosi non rappresenta infatti una circostanza negativa per il territorio, in quanto lì dove ci sono paludi nelle vicinanze si trovano sempre terreni molto fertili. La palude era il luogo perfetto dove coltivare il lino, cosa che si evince dai documenti antichi. Insomma, in terra di Tuturano le antiche popolazioni trovavano sicuramente tutto quello di cui avevano bisogno. La grande foresta con querce da sughero offriva molte risorse, nonché protezione da incursioni di popolazioni straniere, specialmente durante la fine dell'Impero Romano e i difficili anni della tarda antichità (284-600 d.C.). In quest'epoca si vanno a sviluppare i cosiddetti regni romano-barbarici.
Neanche la città di Brindisi è esente da questo cambiamento epocale. Il grande impero romano comincia a sfaldarsi, gli ultimi imperatori non riescono più a tenere il controllo di un vasto territorio che si estende dalla Spagna fino all'Oriente, e dalla Gran Bretagna all'Africa Settentrionale. Nel 244 sale al trono di imperatore di Roma, Filippo L'Arabo, ovvero Marco Giulio Filippo Augusto. Egli regnò fino al 248 e dovette affrontare già numerose incursioni di popolazioni cosiddette “barbare” sul confine danubiano dell'Impero, in particolare dei Goti. Le popolazioni germaniche quindi cominciano a premere sull'Impero. Le cose non migliorano: infatti già nel 253, quando salì al trono l'imperatore Valeriano, l'impero romano d'Oriente era preda di scorribande operate dai Goti e dai Sasanidi. Valeriano divise il suo regno con il figlio Gallieno: il padre governava l'Oriente, mentre il figlio l'Occidente. Valeriano è noto per la confisca dei terreni e la condanna del clero cattolico, ma pare non inflisse mai alcuna pena ai fedeli. Sotto il suo regno vennero giustiziati papa Stefano I, papa Sisto II, il vescovo di Cartagine Cipriano, Dioniso di Alessandria e San Lorenzo Martire (da non confondere con San Lorenza da Brindisi). Insomma un imperatore ostile a quello che era il Cristianesimo, che all'epoca era ancora alle sue "origini" e non aveva la struttura “centralizzata” che tutti noi oggi conosciamo. Molte popolazioni, infatti, erano pagane e il Cristianesimo era una religione praticata ancora da poche persone. Paganesimo che era ben vivo all'epoca anche in Italia e nelle regioni del Sud, inclusa la Regio II, l'Apulia et Calabria. Il Salento a quell'epoca aveva appunto il nome di Calabria e non di Puglia. Il discorso su Valeriano ci consente di introdurre l'argomento di cui vogliamo parlare oggi.
Tornando alla documentazione storica su Tuturano si evince che nei pressi dell'attuale frazione brindisina dovevano sorgere i casali di Olmo, Valerano e Senestrito. Lo dicono chiaramente i documenti del 1.097 e 1.107 in cui i conti Goffredo di Conversano e la moglie Sichelgaita donano alle monache benedettine di Brindisi il casale di Tuturano insieme ai suoi abitanti, nonché gli altri casali di Valerano e Senestrito. Così abbiamo deciso di riprendere le nostre mountain bike e di spingerci oltre il confine. Analizzando la moderna cartografia possiamo vedere di come la strada che da Tuturano conduce a Mesagne passa vicino ad alcune contrade che hanno dei nomi a dir poco particolari. Cominciando subito da Cerrito, dove c'è la masseria ed un bosco, fino a Uarano e masseria Torricella, al confine del territorio di Tuturano, lì dove comincia poi il territorio comunale dell'attuale Mesagne, importante città messapica e nel Medioevo sede di una commenda dell'ordine Teutonico.
Dopo aver preso le mountain bike ci muoviamo in direzione di largo Cairoli per poter uscire dal paese. Ci muoviamo in un'atmosfera particolare, con poca gente in giro e pochi veicoli su strada, questo a causa delle restrizioni introdotte dal Governo per contenere il contagio da Sars-CoV-2. Con autocertificazione alla mano usciamo da Tuturano dirigendoci verso Mesagne. Purtroppo il vento è molto forte e dobbiamo faticare per pedalare, ma fortunatamente le mountain bike reggono bene. Dopo pochi chilometri, sulla destra, si staglia l'imponente profilo di masseria Paticchi, che quasi vuole salutarci. Proseguiamo sulla Tuturano-Mesagne, stando attenti a quei pochi veicoli che passano sulla strada. Dopo aver superato il trasformatore elettrico vediamo subito sullo sfondo gli alberi di masseria Cerrito e del suo bosco che la circonda. La strada si fa dritta e all'ombra di alcuni cipressi la velocità delle bici aumenta. Ci fermiamo quindi per scattare alcune foto al bosco, ed è quindi ora di addentrarci nel cuore della nostra avventura.
Prima di spiegarvi la storia di questo posto, è bene precisare i nomi che assumo le vie e le strade prima di arrivare a Cerrito. La strada che conduce a Mesagne è detta provinciale 81, ma dal satellite si può ben notare di come l'arteria stradale in questione, dopo aver lasciato il toponimo di via Pergola, lì dove c'era appunta l'omonima palude in antichità, assume proprio nei pressi di masseria Cerrito il toponimo di via Conte Goffredo di Buglione. Chi era costui? Goffredo era figlio del conte Eustachio II di Boulogne e Ida di Boulogne, ed è stato uno dei cavalieri franchi che hanno partecipato alla Prima Crociata, indetta da Papa Urbano II nel 1.096. La Crociata partì nel 1.099 e fu conosciuta come la “crociata dei poveri” o “dei pezzenti”. Il Papa, infatti, aveva richiamato i cristiani alla conquista del Santo Sepolcro di Gerusalemme e di tutti i luoghi in cui è vissuto Nostro Signore, promettendo in cambio la remissione dei peccati. Alla Crociata si unì gente d'ogni risma, anche bambini. Nel luglio del 1.099, dopo cinque settimane di assedio, Gerusalemme comunque capitolò, e i crociati conquistarono la Città Santa. Tra di loro c'era anche Goffredo di Buglione, il quale però rifiuto di essere incoronato “re”. Egli volle soltanto assumere il ruolo di “difensore del Santo Sepolcro” (advocatus santi sepulchri). Da qui poi fondò appunto l'Ordine Equestre del Santo Sepolcro, che esiste tutt'ora. Oggi l'Ordine è conosciuto per le sue attività caritatevoli, ma in passato e fin dalla sua nascita ha avuto un ruolo di protezione nei confronti dei pellegrini che si recavano in Terra Santa per recarsi sui luoghi in cui era vissuto Cristo. Nel Medioevo, ma anche prima, le strade di pellegrinaggio, in particolare quelle dell'Oriente, erano vie molto insicure, questo perché di tanto in tanto orde di predoni attaccavano le carovane, derubando i pellegrini di viveri e non solo. Ma che cosa c'entra Goffredo di Buglione con masseria Cerrito. La risposta l'abbiamo trovata nelle nostre ricerche documentarie: masseria Cerrito pagava infatti le decime allo stesso Ordine del Santo Sepolcro. Ecco perché l'intitolazione della via è proprio a Goffredo di Buglione. Primo “mistero” risolto.
Secondo alcuni studiosi di storia locale proprio nei pressi di masseria Cerrito, nel Medioevo doveva trovarsi il casale di Senestrito, il quale a sua volta si trovava a poca distanza da Valerano e dalla via cosiddetta “de Sancto Martino”. Già nei precedenti articoli abbiamo visto di come questa via dovesse portare in realtà alla chiesa di San Martino “in loco Monticelli”, ovvero all'attuale tempio di San Miserino. Ma particolare è il toponimo Cerrito. Abbiamo faticato e non poco a trovare la risposta, leggendo numerosi documenti che si trovano in Rete. Abbiamo preso soprattutto ricerche scientifiche, approvate dalla comunità accademica. La risposta l'abbiamo trovata, con nostro sommo piacere nella ricerca di Ettore Bladetti intitolata “La pentapoli bizantina d'Italia: tra Romania e Langobardia”, edita negli “Atti e Memorie di Storia Patria per le Marche” del 2003. Lo scritto ripercorre la storia delle pentapoli bizantina del centro Italia, la quale era composta da Rimini, Pesaro, Fano, Senigallia e Ancona: pentapoli vuol dire appunto “unione di cinque città”. Nella ricerca del Baldetti si fa riferimento anche a molti toponimi “di confine”, che nel territorio in questione dividevano le zone bizantine e quelle longobarda. Una conformazione che ricorda proprio il territorio in cui si viene a situare Tuturano, che abbiamo detto essere quasi sul “limes” tra Longobardi e Bizantini nel Salento. Nel precedente episodio abbiamo detto che i Longobardi conquistano Brindisi intorno all'anno 674. Secondo la storiografia locale la città viene distrutta da questo popolo, ma ciò è frutto forse di una tradizione popolare e di una forzatura storica, in quanto a quell'epoca la città di Brindisi non era affatto come noi la conosciamo. Con il progressivo decadere dell'Impero, Brindisi in quel tempo doveva essere quasi una città “fantasma” con pochi abitanti e senza neanche le mura. Di attacchi e distruzioni a Brindisi non ne fa menzione neanche Paolo Diacono, autore di una Historia Langobardorum e fonte storica principale per lo studio di questa popolazione: lo stesso si limita a dire che i Longobardi conquistarono Brindisi ma senza narrare di attacchi di sorta. Anzi da quanto abbiamo potuto reperire pare che ai Longobardi il territorio di Tuturano piacesse in particolar modo. Infatti, il toponimo Cerrito, è un fitotoponimo che rinvia all'economia silvo-pastorale propria dei Longobardi ed al loro vincolo con la quercia “utilitaristico, per l'alimentazione dei suini e sacrale per il particolare culto riservato a tale albero dalle popolazioni germaniche”. Così ci informa Baldetti. Tuturano infatti nell'Alto Medioevo aveva una vocazione agricola, cosa che è tutt'ora rimasta. I boschi e le grandi distese di terreni agricoli consentivano anche il pascolo delle greggi, anche perché fino ad epoca tardo-romana in zona gli insediamenti erano davvero pochi. Ma non è tutto. Il toponimo Cerrito deriverebbe dalla cosidetta “Quercus cerris”, il cerro, da cui il toponimo Cerrito, Cerreta, Cerreto, Cerritulo, Cerretine. Inoltre, questi toponimi li troviamo in quei territori longobardi di confine, soprattutto ai margini di territori interessati da possedimenti ecclesiastici: emblematico al tal proposito il caso della provincia di Ravenna. A Brindisi succede la stessa cosa: il toponimo Cerrito infatti lo troviamo ai confini dei possedimenti ecclesiastici delle monache benedettine, a cui il conte Goffredo di Conversano e Sichelgaita donarono i casali di Tuturano e Valerano. Ma le sorprese ovviamente non finiscono qui: toponimi quali Cerrito si trovano nei pressi di luoghi generalmente caratterizzati dall'incolto o dalla presenza di toponimi longobardi di chiara derivazione limitanea. Ancora “limes”, ancora un “confine”. Il Baldetti ci spalanca una porta su una parte di storia poco nota di Tuturano: quella che ha a che fare proprio con i Longobardi. La stessa contessa Sichelgaita era di origine Longobarda.
Proseguiamo poco oltre masseria Cerrito, ed eccoci ad un incrocio. Siamo tra la SP 81 Tuturano-Mesagne e la SP 80, che dalle porte di Brindisi conduce fino ad Uggio e fino all'incrocio con la Strada Provinciale che va da Oria a Cellino San Marco, il cosidetto “limitone dei greci”. Eccola l'antica via “di San Martino”, che passava nei pressi dei casali di Tuturano e Valerano, vicino Senestrito. Proseguiamo e attraversiamo l'incrocio in direzione Mesagne, verso un altro luogo dal grande fascino e che ci ha colpito in modo particolare. Siamo diretti a masseria Torricella, vicino ad una contrada che ha un nome conosciuto: Uarano.
Secondo recenti indagini topografiche, la contrada Uarano deriverebbe proprio da Valerano, l'antico casale medioevale situato non lontano da Tuturano. Infatti, i documenti sono precisi nell'individuare Valerano proprio vicino la via “de Sancto Martino”. Questa abbiamo visto essere l'attuale strada 80 che porta fino all'incrocio con la Oria-Cellino San Marco. Questa è la nostra ipotesi, che adesso viene alimentata ancora di più da quanto vi diremo di seguito, a partire dal toponimo Torricella.
Arriviamo a massera Torricella dopo qualche minuto, oltrepassando l'incrocio con una strada che già sa di antico, strada Galone. Dopo una curva quasi a gomito eccola che svetta lei, la nostra masseria. Inconfondibile la sua piccola “torricella”, è il caso di dire, che sulla sommità mostra i caratteristici merli. Cerchiamo un ingresso, visto che l'area è recintata, e con le mountain bike ci immettiamo in un sentiero sulla destra. Dopo un centinaio di metri c'è una grande apertura che immette all'interno dell'area, lì dove c'è appunto la masseria. Grandi eucalipti, piantati sicuramente negli ultimi 50 anni, ci danno il benvenuto.
La storia di questa zona di confine tra Tuturano e Mesagne è assai particolare. Ci troviamo, infatti, poco più a sud della via Appia, l'importante arteria stradale che collegava Roma a Brindisi voluta dal console Appio Claudio Cieco nel 312 a.C. Il tratto iniziale dell'Appia conduceva da Roma sino a Capua. Durante il III secolo avanti Cristo l'arteria venne prolungata sino a Maleventum (odierna Benevento) e da qui fino a Taranto, avendo poi come destinazione finale l'importante porto commerciale e militare di Brundisium. Proprio a masseria Torricella, nel corso di ricognizioni archeologiche, sono stati individuati materiali di epoca imperiale e anche monete. Questo ci fa capire di come in zona ci fosse un insediamento già a partire dall'età imperiale, molto probabilmente una villa rustica di medie dimensioni. Il fatto che la zona ricada nell'area dell'antica Uarano-Valerano la dice tutta sull'ubicazione del sito. Tra l'altro il toponimo Uarano, così come apprendiamo da “La Romanizzazione dell'ager brundisinus” di Cesare Marangio è un prediale di origine romana, e rinvierebbe quindi proprio all'antica Valerano che doveva insistere nella zona. La nostra visita a masseria Torricella è un'autentica avventura. Mentre camminiamo tra gli alberi che insistono nel recinto facciamo un giro completo della struttura per fotografarne i particolari. Da subito notiamo che la parte della masseria più antica è quella dove c'è la piccola torre sulla sommità. Ci colpisce una struttura semicircolare che a prima vista sembra molto più antica della stessa struttura della masseria: il manufatto è composto da tantissimi laterizi incastonati uno all'altro, quasi a formare un puzzle. Ci ricorda molto una struttura Alto-medievale. Abbiamo postato le foto anche sulla pagina Facebook Salento Archeologico, andando in cerca di risposte, ma per il momento che cosa sia questa struttura resta un mistero. Alcuni ipotizzano sia un forno, altri una neviera. Ciò che possiamo dire quasi con certezza è che si tratta di qualcosa di davvero particolare. Particolarità che emergono anche dal terreno. Notiamo infatti che intorno alla masseria, in tutto il terreno circostante, affiorano banchi di roccia calcarea. Si tratta di una circostanza molto importante, in quanto tale conformazione del terreno è adatta all'insediamento di villaggi, soprattutto in età medievale. Lo dimostrano le ricerche effettuate dalla cattedra di Archeologia Medievale dell'Università del Salento effettuate da Paul Arthur e dalla sua equipe. Sembra quindi assai probabile che la zona di Uarano e di masseria Torricella sia stata sede di un insediamento piuttosto importante. E non è tutto, perché il toponimo Torricella dovrebbe derivare proprio da “Turiccla”, toponimo limitaneo che indica una postazione fortificata in epoca longobarda. Ancora il “confine” che ritorna, ancora una postazione difensiva da parte dei Longobardi.
Il Marangio ha prodotto anche una carta del popolamento dell'ager brundisinus in epoca romana, sia repubblicana che imperiale. L'area dell'antica Valerano potrebbe quindi riconoscersi tra la stessa masseria Torricella e la chiesa Madonna delle Grazie a ovest, entrambe ricadenti nell'area di Uarano. Anche a Madonna delle Grazie, antico edificio di culto medievale, sono state ritrovati resti materiali e monete di epoca imperiale, questo vale a dire che questa zona era importante in epoca antica. Il terreno è disseminato di laterizi, mentre dal corpo della masseria emerge la sua struttura composta da una muratura a sacco. In pratica il muro al suo interno è costituito da terra, fango e pietre: dobbiamo immaginare la struttura muraria composta come un sandwich: vi sono quindi due blocchi più grandi costruiti con materiale più resistente, tipo il tufo, distanziati tra loro di qualche centimetro. All'interno viene posto del pietrame e altri materiale, a volte anche di risulta. Insomma una costruzione “povera” ma allo stesso tempo resistente. Dal corpo della masseria sporge la struttura di quella che doveva essere una caditoia. Facciamo ancora un giro nell'area della masseria, assaporando l'aria fredda e frizzantina di metà marzo. Dalla sommità dell'immobile, che raggiungiamo tramite una scala, si gode un panorama mozzafiato della campagna circostante, disseminata di ulivi e eucalipti. Alcune auto sfrecciano sulla provinciale: forse tutti quegli automobilisti sono inconsapevoli di passare davanti all'area di un antico e importante villaggio: Valerano. Lo proviamo ad immaginare, solo per alcuni istanti. Il villaggio, affacciato quasi sulla strada, ci mostra la gente indaffarata nelle faccende quotidiane. Le case sono costruite con materiale povero, un uomo torna dalla campagna con un carro pieno di prodotti agricoli, più in là una donna si reca ad una vicina sorgente d'acqua per prendere da bere con due secchi costruiti in legno. Dopo qualche secondo davanti ai nostri occhi scorrono però di nuovo le auto, il paesaggio con il villaggio ha lasciato il posto ad una vasta distesa agricola. E a Valerano, inoltre, si ha notizia dell'esistenza di una chiesa dedicata a Sant'Angelo. Il cerchio si chiude: furono proprio i Longobardi, con la loro conversione al cattolicesimo, a diffondere in tutto il Sud Italia e nel resto della Penisola il culto per l'Arcangelo Michele. Anche l'antica Valerano, quindi, cela in sé quell'anima longobarda che tutta la zona pare avere avuto in epoca antica. Quei Longobardi che adoravano talmente tanto il territorio di Tuturano proprio grazie alla grande foresta da sughero e al suo ambiente. Longobardi che hanno lasciato altri toponimi germanici in tutta la zona.
Nella prossima puntata ci inoltreremo nella zona a sud della frazione brindisina, sempre nelle campagne. Andremo a scoprire le due masserie, Bardi Vecchi e Bardi Nuovi. Ma è soprattutto su Bardi Nuovi che ci concentreremo, mostrandovi in esclusiva delle spettacolari foto satellitari che mostrano qualcosa di sepolto sotto i campi agricoli. Vi dice qualcosa il nome Bardi? Si, forse lo avete capito, nella prossima puntata saremo ancora in compagnia dei Longobardi. Non ci resta che darvi appuntamento a sabato prossimo con “Paesaggi tuturanesi”, questo per continuare a scoprire segreti e storia di una piccola frazione che ha dietro una storia millenaria. Che riscopriremo in tutta la sua autenticità e bellezza.
ITINERARIO TUTURANO-CERRITO-TORRICELLA
Da Tuturano per raggiungere le masserie Cerrito e Torricella il percorso è piuttosto agile, specie se con vento a favore da sud o meglio da est. Da largo Carità prendiamo via Pergola e poi da qui ci dirigiamo verso la rotatoria sulla Tuturano-Mesagne. Da qui ci immettiamo sulla strada, stando attenti a mantenere la destra, e proseguiamo dritti fino a masseria Cerrito. L'immobile lo troviamo sulla destra dopo aver percorso abbondantemente 3 chilometri. Si tratta di una proprietà privata, per cui non sarà molto facile accedere alla masseria. Dall'esterno si può ammirare il bosco di Cerrito, e se è possibile si può anche parcheggiare la bici in una posizione sicura per una veloce esplorazione dell'area verde, che mostra alcune querce da sughero davvero suggestive. Questi alberi sono il residuo della grande foresta di querce che si estendeva nella zona, tanto amate anche dai Longobardi a quanto pare. Stesse querce che si trovano nel bosco Colemi, al Santa Teresa e al dei Lucci, che si trova più verso Mesagne. Tale area verde non dista comunque molto da masseria Cerrito. Per raggiungere invece masseria Torricella basta seguire la strada e andare più avanti, sempre verso Mesagne. Dopo un paio di chilometri un curvone immette nella zona della masseria, la quale compare sulla destra del viaggiatore. Inconfondibile il suo muretto a secco e la recinzione moderna. La struttura mostra la caratteristica “torricola” sulla sommità. La zona è piena di alberi di eucalipto. Per entrare nell'area della masseria bisogna percorrere ancora qualche metro e svoltare a destra su un piccolo sentiero, per poi immettersi in un'apertura dalla quale si può accedere all'area. Bisogna comunque stare molto attenti, in quanto la struttura è in precario stato di conservazione e rischia di crollare da un momento all'altro. Ce lo indicano degli appositi segnali. Per cui raccomandiamo di non salire le scale e di non entrare nell'immobile, anche se noi lo abbiamo fatto sempre a nostro rischio e pericolo. Dopo aver goduto delle bellezze di questo paesaggio e della sua affascinante storia, possiamo riprendere le bici e tirare dritto verso Mesagne, visitando questa bellissima cittadina densa di storia e archeologia, sempre se il tempo a vostra disposizione lo consente. Da Mesagne, poi, basta riprendere la stessa strada per tornare a Tuturano. In totale sono 12 chilometri all'andata e 12 al ritorno, in totale 22. Il percorso di una tipica escursione, neanche poi tanto difficile anche per i principianti. Durante il tragitto non ci sono salite impegnative o tratti impervi. Bisogna solo stare attenti a mantenere la destra e agli altri veicoli che sfrecciano sulla strada provinciale. Per il resto il percorso è davvero molto tranquillo, con una pendenza molto lieve.