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Storie di donne: Khadija

Khadijia che grazie al Cospe ha iniziato a vivere

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COSPE è un’associazione privata, laica e senza scopo di lucro, opera in tutto il mondo per  diritti umani, la pace e la giustizia tra i popoli. COSPE è oggi impegnato nella realizzazione di oltre 150 progetti in 31 Paesi nel mondo per ottenere sovranità alimentare, acqua, , diritti fondamentali e il dibattito diritti delle donne  e proprio una donna Afghana ha ringraziato pubblicamente con una lettera  l’associazione.
“Ho 18 anni, e sin dalla mia infanzia, come tutte le bambine del mondo, ho desiderato andare a scuola, avere vestiti nuovi, uno zaino e matite colorate per disegnare. Ho sempre sognato di indossare un camice bianco e diventare un buon medico. Ma mio padre ha distrutto tutti i miei sogni.
Per lui e per tutti quelli del nostro clan una donna o una ragazza istruita è una vergogna. Le femmine devono stare a casa, occuparsi del cibo e dei bambini, sono degli oggetti utili solo a questo. Grazie alla mia forza di volontà e al sostegno di mia madre, da bambina, minacciando di darmi fuoco, ho scampato il matrimonio precoce con uno dei miei cugini.
Quando qualche anno fa sono venuta a conoscenza del Centro Femminile del Cospe dove insegnavano a leggere e a scrivere alle ragazze, ho pregato inutilmente mio padre per farmi andare, anche di nascosto da tutti, ma la sua paura di cosa avrebbe detto la gente lo ha sempre intimorito e lo stesso vale anche mia madre, vissuta tutta la vita nella paura verso mio padre e degli uomini del clan. La maggior parte delle volte ho pianto e urlato chiedendole il permesso per andare al corso, ma anche lei aveva paura.
Mi sentivo come un uccello le cui ali sono state spezzate.  Fino al giorno del terribile incidente che è divenuto la mia fortuna.
In una notte d’inverno mia madre è andata all’ospedale con in braccio sua cugina, una bimba di un anno che aveva febbre e dolori. Arrivata alla reception le hanno detto di seguire la segnaletica per il pronto soccorso, mia madre ha vagato per ore per le stanze dell’ospedale ma non sapendo né leggere né scrivere, con nessuno in piena notte che la potesse aiutare, ha perso il tempo fatale che forse avrebbe salvato la bimba, che le è morta durante questo folle girovagare, in braccio.
Arrivata a casa mi ha detto che sarei potuta andare al corso. “Sono pronta anche a morire perché tu non sia analfabeta come me” mi ha detto.
Così ho cominciato a frequentare il corso anche se mio padre picchiava mia madre nonostante io gli dicessi che non ci sono uomini, che siamo tutte donne.
Sono da poco riuscita a convincerli anche di togliermi il burqa, ho partecipato alle lezioni del Centro, ho imparato a leggere e a scrivere e sono diventata una buona sarta, cosa che mi piace moltissimo.
Sono diventata un’istruttrice nella mia area e insegno alle altre donne. La compagnia per cui lavoro mi paga 200 dollari al mese che uso per la malattia di mio padre che ha un problema alle ossa, e sostengo la mia famiglia. Il mio lavoro ha portato una nuova fase nella nostra vita.
Ho chiesto alle mie sorelle di considerarmi come un esempio e di forzare i loro uomini a lasciarle andare a scuola. Mio padre prima lavorava tutti i giorni, ma nonostante questo la sera non avevamo abbastanza da mangiare e a volte andavamo a letto senza cena. Adesso all’inizio del mese io ricevo uno stipendio e con mia madre vado al supermercato a comprare tutto l’essenziale: farina, riso, olio.
Vorrei ringraziare di cuore i miei docenti, tutti i membri del Centro Femminile, i sostenitori stranieri.
Per favore continuate quei corsi, noi abbiamo davvero bisogno del vostro supporto per costruirci un futuro migliore. Grazie ancora"

 

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