Grillo sulle tracce di Totò. L'arte della comicità non c'entra nulla, non stiamo infatti parlando del “principe della risata” De Curtis, obiettivamente inarrivabile per il Beppe popolare, ma di Totò Riina detto “u curtu”. Sembrerebbe una esagerazione ma il boss genovese dei grillini ha parecchie similitudini con il boss corleonese della mafia. Entrambi hanno una spiccata attitudine al comando ed all'epurazione degli adepti non allineati. Sia il genovese che il corleonese, poi, non passano giorno senza screditare le istituzioni. A dirla tutta i due leader non hanno mai fatto mistero di lavorare per un cambio ai vertici delle istituzioni con inquilini più accomodanti: il corleonese tramite fitte trattative riservate, il genovese con le minacce di un assalto ai palazzi ed una defenestrazione di massa. Ascoltandoli nelle loro memorabili imprese oratorie, i più attenti, possono notare l'unico vero punto di incompatibilità tra i due personaggi che, pur preferendo all'unisono il dialetto alla lingua italiana, si distinguono per la scelta delle cornici e degli ornamenti dei concetti esposti. “U curtu” ama violentare sadicamente i congiuntivi, il “belin” ama abusare di epiteti di organi riproduttivi, sguazzare nella torbida scurrilità ed è solito invitare gli indesiderati a recarsi a quel famoso paese lontano. Entrambi sono nati nella prima parte del secolo scorso, periodo al quale sono molto affezionati e spesso idealizzano con il loro comune intercalare “ ah quando c'era lui..”
Ma l'aspetto che più li avvicina, a parte l'essere brizzolati ed amanti dei tuffi in mare, è il disprezzo mai celato per la legge che, spesso e volentieri, hanno orgogliosamente trasgredito. Trasgressione sempre seguita da quella curiosa espressione che solitamente hanno i bambini colti con le mani sporche di marmellata e che sembra voler dire: “ Ma in fondo... che ho fatto di male?”.